Cesira, una commerciante vedova «visibilmente giovane e bella», e la figlia adolescente Rosetta lasciano Roma dopo i primi bombardamenti per rifugiarsi in Ciociaria (da cui proviene la donna). Qui conoscono Michele, laureato in lettere e prete mancato, che si innamora di Cesira, ma verrà ucciso dai tedeschi in fuga. Con l’arrivo degli alleati le due si incamminano verso Roma, ma in una chiesa abbandonata vengono assalite e violentate da un gruppo di soldati franco-marocchini. A causa del trauma subìto Rosetta sembra perduta, ma nel finale madre e figlia si ritroveranno.
Dati d’archivio. Collocazione: Za Sog R 20/1-5. La cartella 20/1 contiene le scalette dattiloscritte con note manoscritte: A) Non va, 2 pp.; B) La ciociara di 3 pp., più 4 pp. di appunti sui personaggi; C) La ciociara scaletta, 3 pp.; D) [stesso titolo] 3 pp.; E) [stesso titolo], 4 pp.; F) [stesso titolo], 4 pp.; G) Scaletta per la produzione 11.4.1960, 9 pp.; H) La ciociara (scaletta), 20 pp.; I) [stesso titolo], 4 pp.; L) [stesso titolo], 47 pp.; M) Metraggio approssimato, 8-4-1960, 8 pp.; N) Indice azioni e personaggi e luoghi Ciociara, 25 pp. La cartella 20/2 contiene i trattamenti dattiloscritti, anch’essi con numerose note e correzioni manoscritte: A) 5.3.60, 45 pp.; B) l’incarico della riduzione…, 11 pp; C) deve trattarsi di una povera matta…, 11 pp. La cartella 20/3 contiene la sceneggiatura A) La ciociara (tratto dal Romanzo di Alberto Moravia). Riduzione e sceneggiatura di Cesare Zavattini, di 250 pp., dattiloscritte con note e correzioni autografe, mentre la cartella 20/4 contiene la sceneggiatura B) La ciociara. Copia di Zavattini rispedirla a Zavattini, di 336 pp., dattiloscritta con note e correzioni manoscritte, nonché la versione incompleta C) Spiazzo Sant’Eufemia, 9 pp.; e una variante del finale D) Ultima scena (cortile casa Florindo), 3 pp. La cartella 20/5 contiene le note di lavorazione dattiloscritte e manoscritte: A) La ciociara (appunti per una libera riduzione), 9 pp.; B) Mi è stato dato l’incarico…, 4 pp.; C) La Ciociara (Riflessioni), Roma 30.3.1960, 9 pp.; D) Nota, 3 pp.; E) Nota del 2.4.1960, 4 pp.; F) Nota (aprile?), 3 pp.; G) Roma 19 maggio 1960. Note; H) Note, 20.5.1960, 3 pp.; I) [stesso titolo], 2 pp.; L) [stesso titolo], 3 pp.; M) Nota (maggio), 4 pp.; N) [stesso titolo], 6 pp.; O) [stesso titolo], 5 pp.; P) [stesso titolo], 2 pp.; Q) Nota sui Personaggi secondari, maggio, 2 pp.; R) [stesso titolo], 2 pp.; da qui in poi le note sono manoscritte; s) Michele, 1 p.; T) Nella scelta b…, 1 p.; U) A pag. 32, 1 p.; V) Nota (maggio), 1 p.; W) Correzioni, 1 p.; X) Note, 2 pp.; Y) La ciociara, 1 p.
Za Sog R 20/1 contiene dodici versioni di scaletta intere o parziali, dattiloscritte e manoscritte con note e appunti, suddivisibili in gruppi omogenei. Le indicazioni dei fogli sono diverse rispetto alla numerazione d’archivio, a partire dalla versione I in modo sensibile. Il primo gruppo è composto dalla scaletta A incompleta di 2 pp. dattiloscritte (in una sola pagina fronte/retro datata 25.5.1960), che reca in alto, manoscritto: «non va», e dalla scaletta B di 3 pp. dattiloscritte (con note manoscritte) dal titolo La ciociara, contenente 36 scene descritte molto sinteticamente, più 4 pp. manoscritte di appunti sui personaggi e «Osservazioni» (con la data 7.6, sempre del 1960). Le parti manoscritte di entrambe le varianti evidenziano dubbi sull’ordine di qualche sequenza e la necessità di definire meglio alcuni personaggi e temi, con appunti per la «revisione» (scaletta B, p. 5). Nel passaggio dalla scaletta A alla B, oltre alla comparsa del titolo e a un incremento dei dettagli delle scene, notiamo la preoccupazione per la cronologia degli avvenimenti con appunti sulla stagione e sul clima, sulla scarsità di cibo e sul vestiario: una scansione stagionale su cui Zavattini tornerà più volte. Considerate le date, queste scalette sembrano riassumere le sequenze della sceneggiatura che Zavattini sta scrivendo.
Il secondo gruppo è composto dalle scalette C e D di 3 pp. e dalle scalette E e F di 4 pp., tutte varianti non datate dal titolo La ciociara (scaletta) che in realtà sono composte da una stessa nota di Zavattini sull’adattamento del romanzo di Moravia con osservazioni sul film. La variante C è uguale alla D, ma contiene correzioni a mano incluse nelle varianti successive alla D. La variante F risulta più avanzata della copia E, in quanto corretta a mano. Zavattini in queste note parla di modificare la sessualità di Cesira e il personaggio di Michele rispetto al romanzo: «noi dobbiamo rendere il moralismo di Michele più probabile, e perciò più comunicativo, più utile, mostrandolo non come quello di un frigido, ma di un uomo che si proibisce l’amore in conseguenza della sua coscienza che la guerra, specie in un ambiente gretto come Sant’Eufemia, fa giungere per contrasto all’estrema coerenza» (scaletta E, p. 15). Insiste anche sulla presa di coscienza finale di Cesira, dopo lo stupro della figlia e l’uccisione di Michele da parte dei tedeschi, e non approva la proposta di un lungo flashback che mostri gli anni sotto il fascismo, né di una Loren «più allegra e più attraente» (p. 17). Rispetto al personaggio della figlia Rosetta, e all’esperienza traumatica dello stupro, Zavattini spiega che «nella prima parte del libro ha un carattere che sembra quello di una quattordicenne, e pertanto coincide con la Rosetta del film. Nella seconda parte lo conferma con la stessa psicologia schematica e traumatica, proprio perché la sua perdizione, chiamiamola così, è […] uno smarrimento totale, ancora più spiegabile proprio perché la madre […] l’ha sempre tenuta separata dalla realtà, mostrandole, con l’esempio, perfino ferocemente, che si deve badare soltanto a sé, al proprio quotidiano e isolato interesse, a far soldi […], perciò Rosetta si avvia passivamente […] verso chissà quali tremende conseguenze» (p. 16). Il terzo gruppo contiene delle scalette più elaborate, con diverse lunghezze, nelle versioni contrassegnate dalla G alla N. La scaletta N di 25 pp. dattiloscritte, dal titolo Indice azioni e personaggi e luoghi “Ciociara”, riporta solo le scene del romanzo di Moravia in ordine di intreccio, con il numero di pagina corrispondente, mentre la più antica cronologicamente è la scaletta M, di 8 pp. manoscritte, datata «7-8.4.1960»: le prime due pagine contengono le indicazioni del «Metraggio approssimativo» delle scene per un totale di «2500 metri» di pellicola e la suddivisione in tre atti, indicando come «Inizio» la prima parte del film, dall’incipit a Roma fino all’incontro con gli sfollati nel treno, di «metri 600», come «S. Eufemia» la seconda parte con dieci scene, dall’arrivo durante il pranzo a Michele portato via dai tedeschi, di «m. 1400», e come «Finale» tre scene, tra cui quella dello stupro, per «m. 500». La scaletta G di 9 pp. dattiloscritte, datata «11.04.1960», dal titolo Scaletta per la produzione (correzione a mano del titolo originale Scaletta definitiva), presenta molte note manoscritte, che portano le iniziali 20 scene a 25, scandendo i periodi a seconda delle stagioni. La scaletta H di 20 pp., dal titolo La ciociara scaletta, è una versione più dettagliata, incompleta e con numerose correzioni manoscritte, che modifica l’inizio, ambientato sempre a Roma nel 1943, ma non di giorno durante il bombardamento estivo, come in G, bensì in una notte di primavera, con Cesira che fa la borsa nera (compra dei prosciutti). La scaletta L di 47 pp., senza data, dal titolo La ciociara scaletta, contiene una versione più sviluppata della variante H, con l’indicazione manoscritta in prima pagina: «ne ho dato una copia a De Sica quando è andato a Parigi semplicemente come indicazione avendo già deciso la nuova scaletta: 1) bombardamento 2) da Giovanni 3) partenza 4) treno 5) casa Concetta 6) S. Eufemia, ecc. (non trovo pagine relative all’inizio e non trovo neanche la scaletta uguale a quella consegnata a Ponti […] né trovo la seconda che segnò un miglioramento [probabilmente la scaletta G])». Il nuovo inizio al quale si fa riferimento è la scaletta I di 4 pp. dal titolo La ciociara, che si apre nuovamente con il bombardamento diurno e reca manoscritta nell’ultima pagina l’indicazione: «prosegue vecchia scaletta consegnata a De Sica (4.5.1960) che va dalla Loren e deve esporre il fatto».
Il fascicolo Za Sog R 20/2 contiene tre trattamenti dattiloscritti (in originale e in fotocopia). Il trattamento A di 45 pp. (pp. 1-46) presenta l’unica versione completa, ricca di note manoscritte, recante la data «5.3.1960». Le prime nove pagine sono note di lavorazione che precedono probabilmente quelle riportate nelle scalette C-F, con numerose cancellazioni e correzioni a matita, e considerazioni sui temi da conservare dal romanzo e sulla caratterizzazione di Cesira, Rosetta e Michele. Il racconto qui inizia di notte e presenta una scena poi espunta, in cui un camionista che smercia prosciutti tenta di sedurre Cesira. Il finale vede Cesira e Rosetta tornare a Roma, e intravedendo «la sagoma del cupolone» torna per loro «un’apparenza di vita normale» (p. 46). Il finale molto simile al romanzo conferma che questa variante di trattamento è anteriore alla variante di scaletta L, che invece elimina le scene con l’uccisione del camionista e borsaro nero Rosario nonché il ritorno a Roma, come accadrà poi nella sceneggiatura e nel film. Il trattamento B di 17 pp. dattiloscritte (pp. 47-63), con numerose correzioni a mano, contiene una versione incompleta e anteriore alla variante A, mentre il trattamento C di 11 pp. dattiloscritte con poche annotazioni a mano (pp. 64-74) presenta una versione mutila che preserva la struttura e gli elementi principali di A.
I faldoni Za Sog R 20/3 e 4 contengono due varianti di sceneggiatura, nonché una versione incompleta di 9 pp. e una variante del finale di 3 pp. dal titolo Ultima scena: qui, dopo che Cesira ha chiuso le imposte della sua camera (probabilmente dopo la riconciliazione con Rosetta) nel cortile di casa di Florindo, tutti salutano come una liberazione il passaggio in cielo di aerei americani. La variante A della sceneggiatura dal titolo La ciociara (tratto dal Romanzo di Alberto Moravia). Riduzione e sceneggiatura di Cesare Zavattini, contenuta in una cartella dal titolo La ciociara. Copia definitiva, consta di 250 pp. dattiloscritte con note e correzioni autografe. È una versione molto vicina al film, seppure con minime differenze nei dialoghi e nel montaggio: i titoli di testa scorrono su scene di vita quotidiana nelle strade di Roma, mentre all’inizio irrompe il bombardamento, con Cesira che abbassa la saracinesca del suo negozio: «bella, trent’anni – ma ne dimostra meno – portati con energia, quasi con violenza» (p. 17). La variante di sceneggiatura B, di 336 pp. con note e correzioni autografe, porta lo stesso titolo, mentre sul frontespizio della cartella si legge: La ciociara. Copia di Zavattini rispedirla a Zavattini. Si tratta di una versione precedente rispetto alla A, sia per modifiche ai dialoghi sia per alcune scene ambientate a Sant’Eufemia poi tagliate. In entrambe le versioni il finale è quello della scaletta L, che passerà poi nel film: Rosetta torna dopo una notte con Florindo, la madre che l’attendeva la sgrida e si dispera, ma solo con la notizia della morte di Michele la ragazza inizia finalmente a piangere, mentre Cesira le chiede perdono.
Za Sog R 20/5 contiene molte note di lavorazione in 21 cartelle con fogli dattiloscritti e appunti manoscritti, quasi tutti datati, che permettono di seguire il processo di adattamento e di stesura della sceneggiatura. La nota di lavorazione A (9 pp.) presenta una sinossi raccontata in prima persona da Cesira, e fornisce all’inizio alcune informazioni sulla sua vita prima della guerra. La storia è diversa dalla forma che avrà nel film: il personaggio di Giovanni si chiama Antonio, c’è incertezza sulla sorte di Michele e il ricongiungimento tra madre e figlia avviene a causa dell’uccisione di Rosario da parte di due banditi. La nota di lavorazione B di 4 pp. dattiloscritta con pochi appunti a matita esplicita le richieste della produzione e il lavoro sul romanzo, a partire dalla presenza di Sophia Loren come protagonista: «Ho […] esaminato il libro tenendo presente, tra l’altro, questa condizione sine qua non [(p. 10)]. Mi sono naturalmente imposto a priori di non tradire lo spirito del libro, sia perché è inconcepibile che si tradisca lo spirito di un autore responsabile e famoso, sia perché questo spirito coincide se non sempre abbastanza spesso con i più noti sentimenti del regista e con i miei personali, che, in parole povere, sono non solo un deciso antibellicismo, ma, soprattutto, la convinzione che il fascismo non preparò delle coscienze, ma lasciò sostanzialmente gli italiani senza una radice in una bufera di dolore, di umiliazione, sul quale [sic] ogni tanto balenavano i lampi della Resistenza» (p. 1). A eccezione della mezza pagina finale mancante, la versione coincide con il trattamento B, senza tuttavia le numerose correzioni manoscritte. La nota di lavorazione C (18 pp.) contiene due copie dattiloscritte del documento «La ciociara (riflessioni)» con intestazione «Roma, 30.3.1960». Sono presenti molte altre note di lavorazione (anche di singole pagine manoscritte, e catalogate fino alla lettera W), dedicate ai personaggi secondari, o all’importanza del ciclo delle stagioni, che indagano le motivazioni di molte scelte della sceneggiatura.
Poiché nessun soggetto è presente in ACZ, pubblichiamo nel volume la scaletta G e la nota di lavorazione A, mentre online le note di lavorazione (B, C, D, E, F, G e altre), un estratto del finale della sceneggiatura A, nonché la scaletta L.
Il 29 gennaio 1960, mentre è a Cuba, Zavattini scrive a Valentino Bompiani che dovrà sceneggiare La ciociara, film tratto dal romanzo di Alberto Moravia, prodotto da Carlo Ponti e affidato alla regia di Vittorio De Sica: «è un libro importante da cui credo si possa ricavare un ottimo film. Mi metterò al lavoro con buona volontà, anche se avrei preferito, è ovvio, fare un mio soggetto» (Zavattini 2005b, p. 917). De Sica aveva comunicato a Zavattini, il 16 gennaio 1960, di accettare l’incarico con un telegramma, chiedendogli di riferirlo a Ponti (Za Corr. D 499/106). Il 1° febbraio il lauto compenso, «guadagnerò i soldi per togliermi di dosso le tasse finalmente, 10 anni di tasse» (Zavattini 2005b, p. 918) non giustifica per Zavattini il lavorare «fino a maggio per gli altri, cioè Moravia e De Sica», senza avere tempo per dedicarsi a progetti propri come Il giudizio universale (regia di De Sica, 1961). L’8 febbraio De Sica scrive a Zavattini (Za Corr. D 499/107) di avergli spedito l’Indice azioni e personaggi e luoghi “Ciociara” (conservato in ACZ come scaletta N), e che hanno «solamente marzo e aprile per sceneggiare». Il 7 marzo Zavattini scrive a Bompiani di avere iniziato a scrivere la sceneggiatura, per un film «pieno di ottimi elementi morali, nazionali, e cinematografici», e di lavorare per esigenze produttive a una protagonista come la Loren «e non una trentacinquenne quasi frigida» (tema sul quale tornerà più volte in sede di trattamento), inoltre spiega: «vorrei che il ritorno delle due donne alla fine fosse meno evasivo, e Michele meno strano, quindi più utile allo spettatore» (Zavattini 2005b, p. 923).
Nonostante lo slancio iniziale, si procede tra dubbi e mediazioni, come testimoniano le due note di lavorazione redatte tra marzo e aprile. La nota C descrive due versioni della scaletta: «La scaletta A [presumibilmente la scaletta H e poi L in ACZ] di 52 pp. è stata criticata da Ponti molto aspramente perché lascerebbe prevedere il film noioso», e ugualmente teme «che si pretenda troppo dall’attrice [Loren] mentre la si dovrebbe aiutare con una drammaticità, con una spettacolarità, più esplicita. In tal senso gli è piaciuta pienamente la scaletta B [non presente in ACZ] di nove pagine nelle quali c’è una storia d’amore» (p. 15). A Ponti piace la seconda, a De Sica la prima; per conciliare le posizioni del produttore e del regista, che «teme che la storia d’amore faccia scomparire tutti gli altri motivi morali del libro» (p. 15), Zavattini propone una terza variante, con la bambina non più quattordicenne, bensì dodicenne, non più passibile quindi di quello che chiama «imputtanamento» dopo lo stupro, trasformazione che è invece molto marcata nel libro di Moravia. Ringiovanita rispetto al romanzo, Rosetta «ha una sua ragione poetica e drammatica e permette alla Loren una parte coerente, credibile e commovente, e a De Sica la manovra da pari suo di una madre come la Loren con una figlioletta tutta da difendere» (p. 18). Nella nota di lavorazione d, Zavattini si interroga invece sul contrasto fra la grettezza del personaggio di Cesira descritto da Moravia – «avida, egoista, tutta chiusa nell’amore per la figlia e per la roba» (p. 33) – e la «generosa spinta verso una coscienza collettiva» del personaggio di Michele; Cesira non avrebbe potuto evitare lo stupro della figlia neanche se fosse stata diversa, spiega Zavattini, ma la sua colpa è «più larga, meno specifica: quella di aver contribuito, sia pure come una goccia d’acqua nel mare, a fare sì che la guerra ci sia, questa guerra da cui derivano poi incalcolabili e incontrollabili sciagure» (p. 34).Zavattini spiega inoltre che il libro di Moravia si contraddice, indicando una conclusione «inequivocabilmente cattolica, assoluta, moralistica, traumatica, e in contrasto con la ragionatività della protagonista che si racconta» (p. 34).
In una lunga lettera del 22 aprile a Ponti, Zavattini ricorda che aveva «cominciato la riduzione con una specie di complesso di inferiorità verso il romanzo di Moravia, non osando affrontarlo subito con la indipendenza che una traduzione per il cinema comporta», poi aveva proposto un rovesciamento, cioè una Cesira innamorata fin dall’inizio della vicenda, che trascina la figlia in giro fino alla catarsi dovuta allo stupro, mentre ora accetta una versione «meno rivoluzionaria rispetto al libro e più congeniale al regista» (pp. 284-285). Zavattini blandisce Ponti, che vorrebbe «un film che faccia guadagnare molti quattrini», ma spiega: «il successo non te lo può garantire nessuno, anche se sappiamo che nessuno come De Sica può ricavare da questa materia la commozione, la realtà, che essa contiene». Il punto cruciale del film è l’«orrore del marocchinamento» che dà «il senso più tremendo della guerra, che offende, rovina, stupra, anche le anime più innocenti; e questo ci fa pertanto avere un moto di profonda rivolta contro la guerra, contro chi la provoca e contro chi vive in modo da lasciarla giungere sopra di noi come fosse un ciclone, una disgrazia naturale, e non una somma di cause di cui i responsabili sono anche fra noi, sono cioè quelli che badano solo al loro particolare» (p. 282).
Le Lettere dal set di De Sica alla figlia permettono di datare le riprese dal 26 luglio al 14 ottobre 1960, e il 15 settembre 1960 Zavattini scrive a De Sica: «c’è un buco all’inizio della scena coi tedeschi che passano in fuga dalle macere» (Za Corr. D 499/295), sottintendendo che c’è ancora margine per delle modifiche alla sceneggiatura. Il 14 agosto De Sica parla del finale del film, girato la sera prima «in due versioni, una per me e Zavattini e l’altra per Ponti. Quella per me e Zavattini è più moderna e inaspettata, l’altra è di stile un po’ vecchiotto» (De Sica 2014, p. 20). Probabilmente il finale verrà rigirato, perché il 15 novembre Zavattini esprime a De Sica la sua contrarietà nei confronti di quello «girato venerdì scorso», proponendo di tornare al «vecchio, migliorato oltre che di quello che stai tentando con la “truca” anche dei rumori», o farne «uno nuovo liberandoci della gru» (Za Corr. D 499/298). Già in fase di scrittura, Zavattini ipotizza di chiudere il film subito dopo il punto culminante del racconto, cioè la scena dello stupro, allontanandosi dal romanzo di Moravia: «il fatto più grave […] che piomba più improvvisamente […] sulle due povere donne, […] ferendole nella dignità, nella persona. […] l’offesa più grave e sconvolgente» (nota di lavorazione e, 2 aprile 1960, p. 36). Solo successivamente Zavattini decide per la versione definitiva: Rosetta dopo lo stupro se ne va con il camionista per una sorta di «rivolta infantile, irragionevole, e tuttavia comprensibile»; poi la notizia della morte di Michele ha per entrambe una «funzione benefica», che porta la madre a chiedere perdono alla figlia facendo di Michele «il perno morale del film» (p. 36). In questo modo, riassume Zavattini, «attraverso la brutale offesa inferta alla figlia [Cesira] avrebbe trovato (apparentandosi allo spirito del libro) il barlume di una coscienza meno selvatica, meno egoista, e, aggiungerei, se la parola non vi sembra un po’ grossa, per una povera donna quasi analfabeta, una coscienza più storica» (Zavattini 1961, p. 5).
Il film La ciociara esce in Italia il 22 dicembre 1960. Nonostante alcune perplessità critiche (Rondi 1961; Morandini 1961), Antonello Trombadori su «Vie nuove» lo elogia: «il racconto moraviano è stato mondato […] di tutte le ramificazioni più o meno contorte [… il film] ripropone la tematica […] del neorealismo, […] tenendo conto del nuovo sviluppo realistico del cinema italiano» (Trombadori 1960, n.n.). Al festival di Cannes nel maggio 1961 la recitazione di Sophia Loren è molto apprezzata (Pestelli 1961), mentre per alcuni critici è un film «terribilmente retrogrado» (Poix 1963, n.n.), e segna una «battuta di arresto» (Terzi 1961, n.n.) per De Sica. Le proiezioni a New York dello stesso mese ottengono invece critiche molto favorevoli. Più recentemente, il film viene studiato per gli aspetti di “divismo” legati alla Loren (in molte scene infatti il film «non rinuncia all’aspetto glamour»), ma anche in termini di memoria nazionale: il finale, con il pianto liberatorio della ragazza e l’abbraccio con la madre dopo aver saputo della morte di Michele, diventa così una simbolica «elaborazione del lutto di un intero popolo rispetto alla guerra [nonostante le] ferite indelebili» (Pesce 2008, pp. 149-150). Il film porterà alla Loren un premio per la migliore interpretazione femminile a Cannes, e un premio Oscar nel 1962. Nel 1989 uscirà il remake La ciociara 2, film per la tv firmato da Dino Risi, poco riuscito anche secondo l’interprete Sophia Loren (Polese 2002).
ND/GT