Enrico T. è un vecchio che torna al suo paese dopo cinquant’anni vissuti altrove. Se n’era andato per una delusione d’amore. Incontrata la donna, invecchiata e imbruttita, decide di acquistare del terreno, proprio quello dove l’aveva vista baciarsi con un altro. Vuole cancellare quel momento che lo ha tormentato per tutti questi anni, ci torna continuamente con la memoria, ma poi riparte.
Dati d’archivio. Collocazione: Za Sog NR 28/6 contiene: varianti di soggetto dattiloscritte con note e correzioni manoscritte A) 3 pp., Un tentativo; B) 5 pp., [idem]; C) 5 pp., [idem]; D) 6 pp., [idem], datata 11/8/1969; E) 10 pp., Un tentativo (idea per un film); F) 8 pp., [idem], datata 25/11; G) Ritaglio di giornale: “Da Pesaro a Karlovy Vary” di Cesare Zavattini, da “Rinascita”, 34, 30/8/1968.
Il soggetto A è un dattiloscritto con diverse correzioni manoscritte. Il soggetto C amplia A, con numerose correzioni e la riscrittura del finale, tutte manoscritte. In apertura si legge la sigla “E. M.”. Il soggetto B è una copia di C che integra tutte le correzioni del precedente. Il soggetto presenta la nota manoscritta “superato” in apertura. Il primo paragrafo, che si apre con la frase “Eravamo in Calabria nel settembre del ’67…” è cancellato a pennarello e l’incipit è spostato sulla frase: “Un vecchio che torna al paese dopo quasi mezzo secolo”. Questa versione, completa dell’incipit, è stata pubblicata su Rinascita n. 34 del 30 agosto 1968, pp. 15-16. Il soggetto D è una copia di B senza correzioni, con la stessa nota “superato” e una data “11/8/1969” entrambe manoscritte. Il soggetto E è diverso dal precedente per lo spostamento di alcuni paragrafi e la riscrittura di diverse parti. Il soggetto F è quello pubblicato in Mazzoni (1979: 270-274) ed è una riscrittura di D con accanto al titolo la dicitura “(idea per un film)” e la datazione manoscritta: “25.11”.
Pubblichiamo nel volume e online il soggetto F e online il soggetto A, il soggetto E, nonché la pubblicazione su Rinascita del 1968, ovvero il soggetto C.
Mazzoni a proposito di questo progetto segnala solo la presenza della pubblicazione su Rinascita del 30 agosto 1968. Sul giornale troviamo alcune note manoscritte, tra cui questa: “È anche andato nel ricovero dei vecchi dove c’è uno mezzo suo parente. Ma è venuto via in fretta, quasi spaventato, come avesse scoperto là la vecchiaia e voleva riseppellirla di nuovo”. Il soggetto A inizia con un fulmineo “Ma morirei qui”, e alterna senza cesure uno stile in prima persona (come un flusso di coscienza) del vecchio protagonista e un racconto con un narratore onnisciente che riporta osservazioni e dialoghi in forma indiretta. La scena centrale è un flashback di gioventù in cui l’allora ragazzo, nascosto, assiste al tradimento della ragazza amata: un ricordo doloroso e preciso, che non si riesce a cancellare. Il soggetto B e C aprono con una contestualizzazione (cancellata a mano) in cui Zavattini ricorda una sera in Calabria del 1967 in cui raccontava a De Sica questo soggetto con un uomo della loro stessa età (sessantasei anni) che lo avrebbe visto protagonista (solo però “se ti spettini”, gli dice Zavattini). Il racconto è ora tutto in terza persona, ma si amplia l’idea di fondo fortemente cinematografica e sperimentale: il ricordo che ossessiona il vecchio crea un continuo andirivieni tra passato e presente, e l’uomo “sposta blocchi di tempo come un ragazzo i cubetti” (Soggetto C: 5); mentre va al paese ed acquista quel campo in cui ha sofferto la sua pena d’amore, pensando di poterla così congelare o cancellare, invece la rivive: “Ha ricostruito secondo per secondo, mentre intorno c’era gente che gli parlava d’altro […] Non c’è niente da fare. Ciò che è accaduto è accaduto” (Soggetto C: 15, parte aggiunta a mano, a matita). Il soggetto E, diverso da quello pubblicato (versione F), spiega meglio il tentativo (a metà tra il delirante e il magico) di “non far succedere un fatto che lo ha offeso mortalmente e che è successo. Cinquant’anni fa” (Soggetto E: 23); nello stesso soggetto si trova aggiunta (dattiloscritta) una frase che tornerà invece nel soggetto F: “Come gira e rigira la scena dentro e fuori di sé. Come fanno quelli che usano la moviola nei commenti domenicali” (Soggetto E: 7). Il cinema come visione interiore e flusso di coscienza del personaggio, con il montaggio ripetitivo o con dettagli ossessivi di una scena che tormenta il protagonista, si avvicina ai modi sperimentali di film coevi come Je t’aime, je t’aime (Anatomia di un suicidio) di Alain Resnais (1968), ma in effetti è una tecnica che Zavattini esplora fin da Un minuto di cinema del 1947 e riprende, con la resa soggettiva di un discorso pubblico, in Divorzio sì del 1969; li pubblichiamo in questo volume.
Za, anni Sessanta (foto Farabola)
Per gentile concessione dell’Archivio Cesare Zavattini, Biblioteca Panizzi, Reggio Emilia