Natale, manovale di venticinque anni, si innamora di Luisa, domestica di un colonnello. Si sposano e vanno a vivere nella piccola casa della famiglia di lui. Assillati dal bisogno di una propria intimità domestica, i due decidono di cercare una casa in affitto. Luisa è incinta. Quando nasce il figlio, Natale convince i suoi fratelli a prestargli i soldi per acquistare un terreno a Ostia dove costruirsi una casa. Non essendo edificabile, Natale decide di costruire il tetto prima dell’alba, poiché nessuno fa abbattere edifici con un tetto, seppur abusivi. Con l’aiuto del fratello e di altri muratori, Natale riesce nell’impresa.
Dati d’archivio. Collocazione Za Sog R 57/1-3 e 58/1-2 è costituita da un fascicolo cartaceo di 908 pp. sciolte e fascicolate (contrariamente al conteggio di 914 pp. riportato sulla scheda informativa di Za Sog R 57/1), consistenti in dattiloscritti con note autografe, in stato di conservazione mediocre, con lacerazioni. Il suddetto fascicolo consta di due cassette. La prima cartella della cassetta 57 contiene un’unica variante di soggetto: 22 pp., dattiloscritto con correzioni e aggiunte manoscritte, dal titolo Il tetto (titolo provvisorio), prima stesura. Ogni pagina è timbrata «Sezione opere letterarie ed arti figurative, il direttore (Carlo Salsa)», riportando sul lato sinistro del foglio la firma di Zavattini. La seconda cartella contiene una variante di sceneggiatura: A1) 229 pp., dattiloscritta con numerose note manoscritte, dal titolo Il tetto, e dal sottotitolo autografo Soggetto e sceneggiatura di Cesare Zavattini. Nella terza cartella è presente una seconda variante di sceneggiatura: A2) 227 pp., dattiloscritta, rilegata ma senza copertina, con note manoscritte su foglietti agganciati con graffette, dal titolo Il tetto. La prima cartella della cassetta 58, invece, contiene una terza variante di sceneggiatura: B) 414 pp., dattiloscritta, dal titolo Il Tetto. La seconda cartella, infine, contiene tre stesure incomplete della sceneggiatura, dattiloscritte, con note e correzioni manoscritte: C) 7 pp., dal sottotitolo Cantiere di Natale esterno giorno; D) 8 pp., dal sottotitolo Scena lxii Bis; E) 10 pp., dal sottotitolo Scena lxii Bis.
Secondo Gandin (1956b, p. 15), per Il tetto Zavattini appronta sei varianti del primo soggetto, quattordici del secondo soggetto, e almeno tre varianti di sceneggiatura. Alla luce di ciò, l’unica variante di soggetto a nostra disposizione è con tutta probabilità una delle sei varianti. Sin dall’incipit, il soggetto unico di ACZ mette sul tavolo il bisogno primario di un’abitazione, rivelandoci inoltre indirettamente la data di stesura di tale soggetto: «Un giornale scrive in questi giorni dell’estate 1954 che a Roma sono urgenti, per ragioni di umanità, 230.880 vani […]. Il pensiero che preoccupa tutti, col pensiero del pane, è quello del tetto» (soggetto unico, p. 2). Immediatamente dopo, il soggetto ci presenta i due protagonisti della vicenda: «Natale è un friulano di venticinque anni, manovale […]. Luisa ha sedici anni, viene da Aversa. […] diventano fidanzati. Alla domenica vanno a ballare insieme in Via XXI Aprile» (pp. 2-4).
Un diverso soggetto è presente in Za C 35, sotto forma di libricino stampato, probabilmente la copia depositata alla SIAE nel luglio del 1954, in cui i due protagonisti sono presentati con alcune differenze, e appaiono elementi inseriti poi nel soggetto definitivo e nel film, come il burbero cognato Cesare al posto del fratello, la vecchia casa bombardata durante la guerra e sgomberata poi dal Comune. Gandin pubblica un’altra stesura del soggetto, quasi del tutto identica, che potrebbe costituire la versione più avanzata tra le prime stesure, dato che incorpora le aggiunte manoscritte del soggetto unico di ACZ. Successivamente ai primi di marzo del 1955, Zavattini apporta modifiche sostanziali, come il matrimonio di Natale e Luisa posto direttamente in apertura, aggiungendo una prefazione che riporta l’ordine del giorno di alcune sedute del Consiglio comunale della Capitale di quei mesi sull’emergenza abitativa con riferimento a un’inchiesta giornalistica condotta sul «Messaggero» (Gandin 1956a, pp. 66-67).
La profonda opera di revisione culmina in un soggetto definitivo, edito da Gandin (1956a, pp. 78-107), ripubblicato da De Santi e De Sica (1999b, pp. 75-91) e da Caldiron (Zavattini 2006, pp. 180-214). Come nota Gandin, siamo di fronte alla variante più recente e definitiva del soggetto, consegnata da Zavattini a De Sica il 30 maggio 1955.
Nelle sei sceneggiature disponibili, di cui tre complete e tre incomplete, Zavattini prosegue il lavoro di scrittura. La sceneggiatura A1 espande fedelmente il soggetto definitivo, con aggiunta di note manoscritte, di cui alcune confluiranno nel film, come ad esempio il buffo congedo finale di Luisa dal ragazzino che ha vegliato con lei per l’intera notte, mentre altre saranno sacrificate, come l’annotazione «Passa piuttosto basso un aereo a reazione con il solito famoso sibilo» (p. 228). La sceneggiatura A2 è pressoché identica alla precedente, se non per diversi foglietti manoscritti dove si legge «non girato» graffettati in alto ad alcune pagine indicanti scene espunte dal film, e alcune aggiunte manoscritte. Nonostante il numero di pagine maggiore, la variante B è quasi identica alle precedenti, ma senza la suddivisione e numerazione in scene ed episodi. Vi sono poi varianti incomplete di sceneggiatura che riportano scene presenti nel film, come quella in cui Natale ingaggia i colleghi muratori per la costruzione clandestina della sua casetta e quella in cui si congeda con Luisa di fronte al palazzo dei signori Baj, nella sceneggiatura C; oppure scene che non troviamo nel film, come quella in cui Natale va alla fornace per procurarsi i laterizi necessari per la costruzione della casa, nella sceneggiatura D. La variante E, infine, presenta integrate le aggiunte manoscritte della D, tra le quali il seguente dialogo tra Natale e Luisa sulle elezioni politiche del 1953: «Luisa: “Come si fa a votare?” Natale: “Te danno ’na carta… e si fa un segno vicino al partito che te piace”. Luisa: “È difficile pe’ ’na donna…” Natale: “Fai il segno dove te dico io”» (sceneggiatura E, p. 20).
Pubblichiamo nel volume il soggetto unico presente in ACZ e online la variante più recente e definitiva del soggetto edita in Gandin (1956a, pp. 78-107) e Caldiron (Zavattini 2006, pp. 180-214).
«Il tetto è prima di tutto una storia vera […]. La crisi delle case è uno dei problemi più importanti del nostro tempo» (Zavattini 1999c, p. 19): con tali parole Zavattini manifesta il proprio impegno programmatico alla base de Il tetto. Stando all’accurata ricostruzione filologica di Gandin, la storia d’amore di Luisa e Natale approda al grande schermo quasi cinque anni dopo la prima idea di Zavattini (risalente al 1952): in mezzo «varie redazioni del soggetto, inchieste ostinate, appunti autocritici» (Casiraghi 1957, n.n.). Il complesso iter di lavorazione è una preziosa testimonianza del metodo di lavoro zavattiniano, sintetizzabile in tre fasi: «intuizione di un fatto qualsiasi, minimo quanto carico di interesse umano e sociale; documentazione del tema attraverso inchieste dirette; selezione e montaggio del materiale raccolto così d’arrivare a una storia universale» (Strazzulla 1957, n.n.). Nella sua compulsiva opera di riscrittura Zavattini invera quanto da lui teorizzato in quegli anni: «il semplice fatto di cercar casa può costituire l’argomento di un film […]. Si tratta di dare alla vita dell’uomo la sua importanza storica ogni minuto» (Zavattini 1952c, pp. 16-17).
Una prima intuizione risale al febbraio 1952, con il film-inchiesta a episodi Seguendo gli uomini, che Zavattini concepisce insieme a Giorgio Bassani, Attilio Bertolucci, Augusto Frassineti, Michele Gandin, Virgilio Marchi, Francesco Maselli (Zavattini in Terzi 1957). Lo spunto narrativo gli è suggerito da Natale Zambon, un muratore di 24 anni che abita con la sua numerosa famiglia in una modestissima casetta in via Vasi a Roma insieme alla moglie: «Ho incontrato i coniugi Zambon. Si sono sposati un anno fa […]. Quando nascerà il figlio vorrebbero avere una camera, adesso sono sistemati male» (Zavattini 1953b, p. 200). La ricerca della casa colpisce profondamente Zavattini, il quale la inserisce nel soggetto di Seguendo gli uomini (Gandin 1956a, p. 27). Zambon nel luglio 1952 gli racconta il suo proposito di «costruire clandestinamente in una notte una casetta, […] poiché c’è una legge che se c’è il tetto la costruzione non la possono buttare via» e Zavattini contemporaneamente confida: «a me è venuta l’idea di cinematografare questa costruzione affrettata di una casa» (Zavattini 2022a, p. 471).
Seguendo gli uomini non va tuttavia in porto. Dopo una serie di tentativi di recuperare l’episodio, Zavattini lo propone a De Sica, il quale l’accetta con entusiasmo (De Sica in Bernardini, Gili 1990, p. 223). Seguono vari incontri con Natale, annotando i dettagli della sua storia. Dopo alcune prime note del febbraio 1954 e alcune scalette successive, a maggio è pronto il primo soggetto (con le sue sei stesure, tra cui il soggetto unico di ACZ). Zavattini avvia quindi un’ulteriore fase di documentazione in cui «per mesi e mesi visita borgate e cantieri edilizi, intervista muratori guardie persone che si sono costruite la casa da sé» (Gandin 1956b, p. 18). In una lettera del 10 giugno 1954 all’amico Pietro Maria Bardi, manifesta il proprio desiderio di «raccontare questi fatti modesti, facendo lo sforzo massimo di trovare veramente l’osso di queste azioni. […] è il film del tetto, della casa elementare, del bisogno elementare» (Zavattini 2005b, pp. 235-236). Un documento della SIAE attesta il deposito del soggetto de Il tetto il 26 luglio 1954: con tutta probabilità quello da noi rinvenuto sottoforma di libricino rilegato (Za C 35). Il soggetto è dunque pronto, ma Zavattini si rimette al lavoro continuando a fare interviste. La seconda versione del soggetto acquisisce una forma semidefinitiva intorno a marzo del 1955 (Gandin 1956a, pp. 66-67), Zavattini però continua a documentarsi e solo il 30 maggio consegna a De Sica la versione definitiva, che verrà poi variamente pubblicata. Anche la sceneggiatura va incontro a varie stesure. La prima versione risale al 21 giugno 1955, mentre la definitiva viene terminata nel novembre di quell’anno, dando il via alle riprese del film. Tuttavia, Zavattini nel dicembre 1955 espone a De Sica delle perplessità riguardo ad alcuni punti del film, e a partire dal marzo 1956 inizia un periodo di revisione del materiale girato. In una di tali sedute di montaggio, De Sica accetta «la proposta di cominciare con [il] matrimonio» (Zavattini 2022a, p. 562). Il 7 aprile 1956 terminano le riprese del film.
Tutte le tappe di lavorazione sono costellate dalla preoccupazione di De Sica nei confronti della censura (p. 563, p. 566), temendo in particolare per le scene che mostrano la povertà delle periferie di Roma, tanto da affermare: «So che [la censura] ha rifiutato a Fellini per Il bidone di girare una scena alle Baracche Parioli. […] per me sarebbe disastroso in quanto ¾ del film si svolge alle baracche del Prenestino e dei Fossati di S. Agnese». Il film, a differenza del soggetto unico di ACZ e del soggetto definitivo, tralascia i momenti di corteggiamento tra Natale e Luisa, partendo dal matrimonio, esclude alcuni episodi come quello dell’infortunio sul posto di lavoro di Natale, e aggiunge elementi come il pensiero a voce alta del protagonista. Anche le ultime immagini del film differiscono dai soggetti, mostrandoci Natale e Luisa che – rimasti soli, stanchi ma felici – rimirano compiaciuti la loro casetta e vi entrano.
Il dibattito critico sorto intorno a Il tetto è stato definito da De Santi (1999b, p. 59) come «l’ultima “querelle” neorealista»: sia per la sua maniera di trattare «con semplicità e purezza di stile un soggetto quotidiano ma atroce» (Rutilo 1956, p. 28), sia, al contrario, perché il film sembra «mancare di quell’estro, di quel mordente degli altri film neorealisti precedenti [con] un’impressione di gracilità e grigiore che lascia veramente insoddisfatti» (Moravia 1956, p. 12). Casiraghi (1956b, n.n.) ravvisa invece nel film «una forza di convinzione nuova, a paragone delle ultime prove di De Sica».
Salutato come l’ultimo film neorealista di De Sica (Governi 2016), anzi l’ultimo film neorealista in assoluto, Il tetto nasce dall’intenzione zavattiniana di elaborare il programma estetico e morale del film-inchiesta, già alla base del progetto naufragato di Italia mia (Zavattini in Gambetti 2009, p. 121): «Mi accusano di copiare la realtà. E non sanno che mi costa assai più fatica scrivere un soggetto neorealista che inventarne dieci» (Zavattini 1952c, p. 8). Come nota De Santi, «mai forse, come ne Il tetto, si registra una più stretta comunanza di intenti e di linguaggio» tra Zavattini e De Sica (De Santi 1999a, p. 40).
LL