La vita di Van Gogh attraverso i suoi tentativi e i suoi viaggi: inizialmente per lavorare a Parigi, poi per provare a evangelizzare i minatori, infine inseguendo la luce e la pittura, sempre più preda della sua malattia mentale e delle sue afflizioni economiche. Il tutto visto come racconto biografico nei legami profondi con il fratello Théo e negli amori sfortunati, ma anche nelle relazioni conflittuali con il padre (pastore protestante), con il mondo conservatore, con il pittore Gauguin… fino al giorno del suicidio.
Dati d’archivio. Per chi ha di fronte i materiali d’archivio e li sta consultando, consigliamo di controllare nel volume stampato per Marsilio la congruità dei dati descritti nelle Note filologico-genetiche. Rispetto alla nuova catalogazione d’archivio che si può trovare online al link che indichiamo volta per volta nelle schede dei soggetti, il nostro lavoro di descrizione filologica a volte risulta incongruente perché ci basiamo sui documenti consultati direttamente in archivio e che poi abbiamo riportato nei PDF messi a disposizione.
Il soggetto finale denominato “Trattamento” è pubblicato in Piantini (1990); Mazzoni (1979: 198-226; 1997: 75-121); Caldiron (2006: 400-433). Oltre alle dieci versioni, tra i soggetti e il trattamento, sono conservate presso l’archivio Zavattini anche tre scalette abbozzate e con numerose annotazioni, e la traccia di una conferenza tenuta da Zavattini all’Università di Perugia nel 1951. Nel soggetto A, Zavattini inizia con la descrizione dei due fratelli e, più in generale della famiglia Van Gogh, poi un primo salto temporale porta al momento in cui Vincent lascia il paesino olandese per andare a lavorare a Londra nel commercio di opere d’arte, dove si racconta la caparbietà di Vincent, un primo amore non corrisposto, il licenziamento dalla ditta, aprendo a una serie di ritorni a casa e di sconfitte del giovane Vincent; il racconto si sposta nel Borinage, dove Vincent va a predicare ai minatori di carbone seguendo una “vocazione all’evangelizzazione” (sulle orma del padre pastore protestante). Per l’estremismo francescano di Vincent l’esperienza fallisce, ma intanto è emersa la pittura come vera vocazione. A casa vive un altro amore impossibile, quello per la cugina; Vincent vive per dipingere e va a L’Aia, dove ha un altro amore sfortunato con la prostituta Cristina. Torna a casa per assistere alla madre, litiga col padre, si innamora di una ragazza fragile di nervi, osteggiato dalla famiglia. Dopo la morte del padre Vincent va a Parigi a vivere con il fratello Théo, e conosce Gauguin. Zavattini puntualizza: “Cercare di drammatizzare la sua tappa pittorica per cui elimina dalla tavolozza i neri e le terre; forse è anche la felicità, diciamo così di Parigi, che lo aiuta a vedere tutto chiaro e luminoso” (Soggetto A: 10), e ancora: “lui è estremo e sfibrante per sé e per gli altri. A Parigi deve pur venire alla luce il sacrificio di Theo (finanziario)” (Ib.). Infine Vincent parte per Arles. Alloggia nella casa gialla, conosce il postino Roulin, aspetta l’arrivo di Gauguin, ma le cose non vanno: “Vincent è già col piede nella pazzia. Gauguin lo esaspera col suo modo di discutere, lo umilia con la sua fortuna con le donne” (Soggetto A: 11), ed ecco la scenata con l’amico, e il taglio dell’orecchio. Ad Arles la situazione non fa che peggiorare per Vincent, il racconto mette in evidenza l’infelicità di Vincent, la sua solitudine e la sua paura di una nuova crisi, che lo porta a farsi internare al manicomio di Saint-Remy, dove ottiene però di poter dipingere. Per Zavattini è “un lungo itinerario di dolore con due cose positive: l’amore e la comprensione tra i due fratelli; la fede di Van Gogh nella pittura” (id.: 13). Dopo una visita a Parigi per vedere il neonato di Théo, Vincent si sposta a Auvers-sur-Oise; qui “Conosce Gachet e i suoi. Grande amicizia ma ha una grande paura della malattia che ritorna […] però anche lavora lavora lavora. Ha un principio dell’attacco. Sente che domani o dopodomani, quanto prima insomma, l’attacco potrà venire. Allora si spara. […] Tutta la lunga scena del suicidio con campo dei corvi sino allo morte, all’arrivo di Theo, alle ultime parole di Theo che sono quelle: io so di non aver fatto tutto quello che dovevo fare per lui” (id.: 15-16). Il primo soggetto si chiude con la voce di Théo, che racconta la propria fine (sei mesi dopo Vincent), e la fortuna postuma dei quadri del fratello. Ogni tanto un capoverso porta a lato la scritta a matita “ZA” a lettere rosse: ipotizziamo che sia un modo per spartirsi la scrittura della versione successiva, come quando è posto a lato delle parole nel finale: “Il mondo è senza pace, tutti vogliono, vogliono, vogliono, molti lottano per avere delle case, dei quadri… lottano per comperare un Van Gogh… Ora voglio raccontarvi la storia di un uomo che ha lottato per farli questi quadri”. Un commento amaro, scritto come se fosse di Théo dopo la morte del fratello, che poi Zavattini espanderà e porrà come “prologo” ai soggetti della seconda variante. Abbiamo riportato estesamente la prima variante perché Zavattini userà le diverse città citate come tappe della vita di Van Gogh in tutte le varianti di scrittura, come risulta evidente nelle diverse versioni della scaletta, ma anche nel resoconto fatto nella conferenza di Perugia del 1951 e nello stralcio di diario uscito su Cinema Nuovo nel 1953 (ora in Zavattini 1979 [2002]: 131-133). Il soggetto B, incompleto (di 24 pagine), si intitola Vincent Van Gogh. L’uomo dall’orecchio tagliato e si impernia sui due fratelli, raccontandone l’infanzia e il rapporto con il padre. Si amplia la parte dell’amore sfortunato di Vincent a Londra, mentre riduce l’esperienza nel Borinage come pastore protestante e si chiude con alcune scene a Parigi dei due fratelli, tra cui l’incontro con Gauguin (che riporta un commento sprezzante di Cézanne sui dipinti di Vincent). Nel soggetto B Vincent è più fiducioso nella vita, e le delusioni lo portano solo a cercare nuove strade. Il soggetto C è molto breve (7 pagine), porta il titolo Vincent Van Gogh. Soggetto di Cesare Zavattini ed è datato 7/6/1951. I primi di giugno del 1951 Zavattini sta quindi lavorando ad una riscrittura totale del soggetto, cioè la variante che si apre con la frase “Questo paese si chiama Auvers sur Oise”. Non è più incentrata sui due fratelli, ma si vincola invece ai diversi luoghi in cui ha vissuto Vincent, scanditi da descrizioni della sua pittura, mentre si indagano le sue forti passioni e si mettono in scena le sue provvisorie e sempre sfortunate relazioni amorose, che sembrano marcare il racconto in un percorso verso la solitudine. Come avverrà nell’ultimo soggetto, il racconto inizia con il prologo di una voce narrante impersonale che presenta Van Gogh e poi indica la tomba di Vincent accanto a quella di Théo, molte scene sono condensate, ad esempio la partenza di Théo per Parigi è speculare all’esperienza pastorale di Vincent nel Borinage, e il racconto si arresta sull’incontro fall