Siamo in estate, in una grande città presso la pensione della vedova Sgrò, dove l’unica persona pura è sua figlia undicenne Gioia, detta Gioi. Tutti la amano ma la vessano: la bambina ha una bella voce e tra i pensionanti c’è chi spinge per farla diventare una cantante leggera e chi invece vuole che intraprenda la carriera lirica. L’amico più caro di Gioi è però il vecchio signor Anselmi che un giorno confessa di essere stato licenziato. Tutti cercano di aiutarlo a riprendere il suo impiego ma in realtà è solo una lotta a chi si mette più in luce. Soltanto Gioi si reca presso il temuto Aroldo Sommi, capo della Ditta di costruzioni e, innescando suo malgrado una serie di fraintendimenti sugli inganni degli adulti, riesce a far tornare Anselmi al lavoro e a rendere Sommi più umano.
Dati d’archivio. Collocazione: Za Sog NR 27/3 contiene: varianti di soggetto A) 18 pp., Si canta sui tetti oppure Hanno licenziato il signor Anselmi, dattiloscritto; B) 24 pp., Si canta sui tetti oppure Hanno licenziato il Signor Anselmi, datato 14/02/43.
Il soggetto A, che pubblichiamo online, non è datato; si tratta di 18 cartelle dattiloscritte su carta velina, firmato su ogni pagina da Zavattini. Il soggetto B è pubblicato nel volume: è datato 14 febbraio 1943 (depositato in SIAE il 13 aprile 1962 benché non segnato sulle carte), sono 24 cartelle dattiloscritte, con frontespizio che recita: “Soggetto cinematografico di Cesare Zavattini e Mario Brancacci”. Variazione nel finale: nel soggetto A compaiono gli impiegati di Sommi a chiedere un aumento di stipendio; nel soggetto B il signor Sommi vestito in modo ridicolo ascolta Gioi che canta accompagnata al pianoforte e “dichiara che quella ragazza ha una voce d’angelo”. Nel soggetto A Gioi ha quindici anni invece di undici e non è affrontato il tema della musica né quello della carriera musicale.
Il nome “Gioi” e il fatto che nel soggetto B sia una giovane e non più una bambina potrebbero far pensare a un soggetto scritto per l’attrice Vivi Gioi.
Mario Brancacci, umorista e sceneggiatore, conosce Zavattini nella redazione del Marc’Aurelio, celeberrima pubblicazione con la quale quest’ultimo collabora saltuariamente già dal 1936: “Collabora al giornale umoristico di De Bellis Marc’Aurelio, con la rubrica Cinquanta righe circa” (1936-1940)” (Cirillo, Cronologia, in Zavattini 2001: XXIV). Li ritroviamo entrambi, tra i moltissimi, nella “Miniantologia del Marc’Aurelio” all’interno del volume L’imperatore in platea. I grandi del cinema italiano dal Marc’Aurelio allo schermo di Olivieri, nel quale, oltre a ricordare come Zavattini sia stato il primo “marcaurelista” a cominciare ad esplorare nuove frontiere del cinema comico, con Darò un milione nel 1935, un intero capitolo è dedicato alla vera e propria battaglia in nome dell’“antineorealismo” che la rivista condurrà nei secondi anni ‘40, bersagliando anche lo stesso Zavattini: “è dunque nel 1948 che il giornale di De Bellis cominciò la sua crociata viscerale (in redazione neorealismo significava cessi e vespasiani) contro Rossellini e Zavattini ex Marc’Aurelio” (Olivieri 1986: 53). Una vignetta di Scola, Scarpelli, Castellano e Pipolo ritrae Zavattini di fronte a un produttore con una didascalia molto acida: “Vorrei 10 milioni per studiare un soggetto sui poveri”. Oltre alla probabile invidia nell’ambiente degli sceneggiatori per i successi zavattiniani, si mette in luce una contraddizione insita nel lavoro professionale di chi scrive il cinema ma è condizionato dal mondo economico-produttivo, contro la quale negli anni successivi lo stesso Zavattini proporrà nuove tipologie di cinema (come, ad esempio, i Cinegiornali liberi).