La redazione di un giornale lancia un concorso per trovare la ragazza più somigliante a quella illustrata in copertina. Tutta la città si mobilita, ma la ragazza servita da modella per la copertina è in realtà la fidanzata di un aspirante collaboratore del giornale, che si preoccupa di perderla a causa della celebrità, e arriva persino a fare in modo di andare in prigione con lei fino alla fine del concorso, anche se la troveranno ugualmente.
Dati d’archivio. La Signorina Grandi Firme è archiviato in ACZ fra i soggetti non realizzati, collocazione: Za Sog NR 27/5 (ora NR 116). Il fascicolo di 39 pp. contiene: soggetto A) La Signorina Grandi Firme «di Cesare Zavattini» (pp. 18) dattiloscritto; soggetto B) Grandi Firme (pp. 20), dattiloscritto. Il progetto, ampiamente rimaneggiato, sarà realizzato sotto il titolo Bionda sotto chiave dal regista Camillo Mastrocinque nel 1939.
Il soggetto B (il titolo è tratto da una indicazione manoscritta in testa alla prima pagina) presenta p. 21 strappata per metà, e perde la scena della città invasa dalle macchine fotografiche; p. 26 contiene un paragrafo in cui si dice che Anna, la fidanzata di Vittorio scelta in base a una fotografia come Signorina Grandi Firme, è impiegata in un grande magazzino. Vittorio la va a prendere e «comincia da quel momento la sua via Crucis» per difendere Anna dall’intera città; p. 27 è cancellata con due segni di pennarello rosso: si tratta di una variante con una «seconda idea del direttore» che chiede una canzonetta dedicata al concorso; entrambe le variazioni sono assorbite nel soggetto nelle pagine successive, con un’idea metacinematografica che fa comparire lo stesso Zavattini nel gruppo degli scrittori che devono inventare la canzonetta: «E ha invitato Bormioli e Semprini, Nizza e Morbelli, Zavattini, Marchesi, Campanile a dargli una mano» (p. 29). Nel soggetto B alle pp. 38-39 si propone dopo il finale in prigione una variante con «Un altro finale»: Anna è effettivamente premiata, ma solo con il secondo premio: una camera da letto matrimoniale. Il soggetto A, successivo, trascrive il soggetto B accettando le correzioni e rimontando alcune scene, ma si mantiene il finale in carcere. Ripulito dai molti errori di battitura, il soggetto A è stato pubblicato in Zavattini 2006 (pp. 55-64). Presso ACZ sono presenti anche materiali relativi all’esperienza di Zavattini come direttore del settimanale «Le Grandi Firme».
Pubblichiamo nel volume il soggetto A e online il soggetto B.
Il soggetto di Bionda sotto chiave è fortemente connesso all’attività giornalistica di Zavattini, specificamente al periodo 1936-1939, in cui lo scrittore ha un contratto da manager culturale e organizzativo con Mondadori, e nasce come derivazione diretta del celebre rotocalco «Le Grandi Firme». Parigi ne sottolinea l’esperimento di carattere transmediale, in grado di far convergere mondi diversi: «Zavattini convince Mondadori a rilevare nel ’37 il quindicinale fondato da Pitigrilli nel ’24 e a trasformarlo in settimanale, con una veste grafica completamente rivoluzionata e una grande abbondanza di disegni e fotografie, sulla falsariga della stampa popolare statunitense, a cui lo scrittore guarda con enorme interesse. Il suo americanismo è prima di tutto adesione al ritmo della modernità e interpretazione del gusto del pubblico nella società in via di costante modernizzazione. […] Presentandosi nella forma del rotocalco, tipologia principe della nuova editoria di massa, prevede un lettore-spettatore che, come viene detto a chiare note nell’editoriale del numero 308, il primo concepito da Zavattini (la direzione nominale rimane di Pitigrilli a cui viene lasciata anche la rubrica delle lettere, mentre a partire dal n. 309 del 29 aprile 1937 il nome di Zavattini è associato al ruolo di direttore responsabile): “non si accontenta più di leggere. Vuole la fotografia. Lo stadio e il cinema gli hanno insegnato a vedere. Fra le colonne di composizione tipografica e di fantasia pura, vuole qualche fotografia, ossia qualche finestra affacciata sulla vita e sulla realtà”. Le foto di “Le Grandi Firme” non sono quelle dei divi del cinema, ma anche quelle di personaggi anonimi, scelti nelle strade e nei luoghi di lavoro» (Parigi 2006, pp. 144-145).
Le vicende relative al progetto del film sono ricostruite da Caldiron, che scrive: «Signorina Grandi Firme è del 1938. Il soggetto nasce dall’esperienza di “Le Grandi Firme”, il quindicinale di Pitigrilli che nel ’37 Zavattini fa rilevare da Mondadori per trasformarlo in settimanale con in copertina le celebri gambe della “Signorina Grandi Firme” disegnata da Gino Boccasile. Nonostante la nuova formula gli assicuri tirature clamorose, nell’ottobre 1938 il rotocalco viene soppresso dalla censura fascista, stroncando sul nascere il concorso che avrebbe dovuto lanciare il film» (Caldiron in Zavattini 2006, p. 64). Una lettera di Zavattini del 1° luglio 1938 al produttore Giuseppe (Peppino) Amato, riportata anche da Caldiron, elenca le ingegnose strategie pubblicitarie che promuovono il concorso: «Caro Amato, […] ecco in sintesi quello che abbiamo fatto, quello che stiamo facendo e quello che faremo di propaganda per la “Signorina Grandi Firme”: a) Prima di tutto i comunicati sulle “Grandi Firme” […] che continueremo sino alla fine di settembre. b) Anche gli altri nostri giornali, cioè “Settebello”, “Giornale delle Meraviglie”, “Grandi Firme Estive 1938”, fanno una regolare pubblicità a questo Concorso. c) Abbiamo dato un particolare incremento ai balli “Signorina Grandi Firme” […], abbiamo già l’adesione dei maggiori alberghi di villeggiatura […]. d) Fatto la canzone Signorina Grandi Firme dei noti Bracchi e d’Anzi, che sta già girando tutta Italia, già trasmessa per radio alcune volte e che verrà ritrasmessa frequentemente. I dischi Cetra della canzone sono regalati dalla nostra ditta a tutti i locali dove ballano, come pure regaliamo lo spartito per orchestrine a tutti i maestri d’Italia confederati. Basterebbero queste ultime due voci c) e d), per dimostrarVi la grandiosità e la efficacia di questa propaganda, e se poi aggiungete il totale mensile delle pubblicazioni Api che fanno pubblicità al Concorso ed ascendono esattamente a due milioni, spero di farVi restare notevolmente stupiti. e) C’è anche di meglio: il camion sonoro: questo camion sonoro inizia a girare il 6 di luglio partendo da Milano, farà il giro di tutte le spiagge dal Tirreno all’Adriatico alle Dolomiti, percorrerà 3 o 4.000 km, attraversando tutti i centri più importanti di stazioni balneari ecc., trasmettendo il disco della canzone, il disco con il testo pubblicitario nel quale si parla del Concorso, con distribuzione di copie, omaggio, materiale di propaganda. f) Sarà cura particolare di Zavattini che i vari giornali si occupino della cosa. Ho già concesso una intervista a “Stelle”, spero che gli amici Sacchi e Gromo e Rossi trovino giusto e interessante riferire sui loro tre grandi giornali di questa eccezionale pellicola […]. g) È stata fatta una rivista della Triennale in cui c’era un quadro riservato alla “Signorina Grandi Firme”; Rip e Bel Ami, ci hanno chiesta l’autorizzazione a chiamare una loro rivista “La Signorina Grandi Firme”; Nizza e Morbelli stanno facendo la parodia della Signorina della 5a strada con la “Signorina Grandi Firme” e anche questa sarà trasmessa alla radio. h) Stiamo studiando la riproduzione in medaglione scontornato di legno della “Signorina Grandi Firme”, che andrebbe benissimo come ornamento degli abiti femminili; ci hanno proposto statuette, calendari, cartoline, ecc. e sono tutte cose che la mia ditta sta trattando e che hanno tutte un largo effetto pubblicitario, ma che soprattutto dimostrano a che punto di attualità e vitalità sia giunto questo personaggio. i) Ed eccoci al “Treno Grandi Firme” per la realizzazione del quale dovrete darmi una mano Voi. Si tratta dunque di far partire da 2 o 3 grandi città, un treno che porterà a Roma tutti coloro che vogliono visitare Cinecittà in occasione del primo giro di manovella della Signorina Grandi Firme, viaggio della durata totale di 2 giorni, grande rancio a Cinecittà, presenza dei maggiori divi, ecc. La cosa susciterà anche un interesse giornalistico. L’Agenzia “I Grandi Viaggi” si interesserebbe molto della cosa. Ma prima di dare il via bisogna che Voi diate l’assicurazione che a Cinecittà tutto andrebbe bene, oltreché fissare la data del primo giro di manovella, che dovrebbe essere in ogni caso sempre di domenica» (Zavattini 2005b, pp. 428-431). Nella sua nota al soggetto pubblicato, Caldiron prosegue dicendo che esso «è poi acquistato dalla Faro Film, che ne trae Bionda sotto chiave (1939) per la regia di Camillo Mastrocinque. Lo spunto originario viene ampiamente modificato come risulta dalla plaquette firmata da Zavattini e Mastrocinque, Bionda sotto chiave. Trama per un film, Roma, Faro Film 1939. La sceneggiatura è di Edoardo Anton e dello stesso Mastrocinque, ma la pubblicità punta sul nome di Zavattini fino a inserire nei manifesti la dicitura “Paradosso di Zavattini”» (Caldiron in Zavattini 2006, pp. 65-66).
Anche Parigi ricorda il contesto del soggetto che pubblichiamo: «In Le Grandi Firme la formula del concorso a premi, anch’essa ripresa ampiamente nel dopoguerra, rappresenta, insieme all’inchiesta, un altro canale di scoperta e di dialogo con il pubblico. “Esiste la Signorina Grandi Firme?” è, tra i tanti, il concorso più famoso lanciato sul settimanale il 21 aprile del ’38, con lo scopo di trovare il modello vivente che ha ispirato Gino Boccasile per il tipo femminile disegnato in copertina. Alla vincitrice si promette un lancio nel cinema da parte della casa di produzione di Giuseppe Amato. L’iniziativa è accompagnata da un grande battage pubblicitario: camion sonori per le spiagge, gadget di tutti i tipi, balli promozionali nei luoghi di villeggiatura, e persino una canzone, scritta da Alfredo Bracchi e musicata da Giovanni D’Anzi, nonché un film, che diventerà, con qualche correzione, Bionda sotto chiave, diretto da Mastrocinque nel ’39. Il concorso si concluderà sulle pagine de “Il Milione”, ideale continuazione di “Le Grandi Firme”, dopo la chiusura del settimanale imposta dalla censura a causa di un racconto, Fame, di Paola Masino, il 6 ottobre 1938» (Parigi 2006, p. 147). Conclusa l’esperienza della rivista settimanale, il tipo di film concepito da Zavattini e Amato non si farà. Bionda sotto chiave risulta infatti sensibilmente differente dall’idea originale: un noto regista americano offre alla redazione di una rivista duemila dollari per avere l’indirizzo di una ragazza vista sulla copertina della rivista stessa e che vorrebbe come protagonista di un suo film. I redattori del periodico ignorano chi sia la ragazza, e iniziano la ricerca, individuando la giovane dapprima nella fidanzata di un romanziere, e infine scoprendo, dopo vari equivoci, che la cover girl altri non è che la dattilografa della redazione. Mentre quest’ultima conosce la celebrità, i due fidanzati possono riprendere i preparativi per le nozze.
Il film rappresenta il primo successo della livornese Vivi Gioi, bionda e longilinea, che diventerà una delle più classiche “fidanzatine” della Cinecittà fascista e che De Santis trasfigurerà nel 1947 nella collaborazionista Lili Marlene in Caccia tragica. Su «Film» (1939, p. 2) la recensione di Francesco Callari a Bionda sotto chiave considera infatti l’interpretazione della Gioi come la novità più felice della pellicola: «la lieta sorpresa è Vivi Gioi, una ex generica passata quasi di colpo al ruolo di attrice, e con onore. Ha possibilità fotogeniche di prim’ordine; in più è spontanea, naturale, graziosa, ha linea e un tono svagato sul quale potrebbe sviluppare la sua personalità nelle prove future». Nello stesso articolo, Callari tiene a distinguere l’idea di partenza dall’opera finale: «Il soggetto come si sa è di Zavattini, l’umorista assoluto, l’umorista forzato. […] Qui di fantasia non c’è solo quella filtrata di Zavattini, bensì quella speciosa e intelligente di Mastrocinque e del suo sceneggiatore; poiché bisogna pur dirlo, il soggetto è cresciuto e s’è rinforzato nelle trovate aggiunte che sono graduali e in crescendo. La paternità di esse è ben distinguibile e quelle di getto si notano subito, come quella del velo della sposa impigliato allo sportello dell’auto-cellulare. […] La bionda che provoca il concorso cinematografico bandito da un settimanale illustrato (che si ispira ad uno di cui è recente il ricordo), la “bionda oblunga” che al fine si ritrova in una telefonista occhialuta e prima ritenuta brutta, il giornalista Pic e i suoi colleghi, il fattorino cleptomane, il giovane novelliere che sta per l’arte pura, il regista, il commissario, il padrone dell’emporio e tanti altri personaggi sono avviati su un tono caricaturale troppo spinto, non sostenuto dalla loro stessa umanità. Mentre la sceneggiatura ha il raro pregio di essere rigorosa nello sviluppo delle inquadrature, nello svolgersi degli ambienti, anticipando il ritmo visivo del film, il suo contenuto letterario, fantastico, paradossale non è altrettanto rigoroso nella sua logica. Ecco che molte scene appaiono forzate».
Ennio Flaiano, recensendo il film su «Cine Illustrato», suscita la reazione di Zavattini, che spiega: «Il mio soggetto non era metafisico, sconcertante, astratto: di tutti i miei soggetti era il più semplice e raccomandabile, dico il meno zavattiniano. Zavattiniano era Darò un milione nella sua stesura originale, idem Diamo a tutti un cavallo a dondolo che Camerini girerà in aprile. E ancor più zavattiniani, come riferimento alla natura del mio umorismo, come appare anche e soprattutto nel mio secondo libro I poveri sono matti, saranno i soggetti futuri, che scrivo con la speranza di realizzare io stesso sia pure fra un anno o due. A ogni modo, il soggetto è una cosa, il film è un’altra cosa. […] Ecco perché le critiche m’amareggiano non distinguendo abbastanza tra soggetto e film. E la sceneggiatura. Vi avessi almeno posto una virgola! E voi sapete che la sceneggiatura, da sola, può distanziarsi dal soggetto sideralmente» (Zavattini in Flaiano 1988, p. 23). Ricorda Caldiron che Flaiano sul «Tempo» nel 1939 teneva una rubrica cinematografica, e scriveva del film: «Il baco che ha roso Bionda sotto chiave è lo stesso della maggior parte dei nostri film: la fretta […]. Bionda sotto chiave è stato sceneggiato in una ventina di giorni circa, Accadde una notte è stato sceneggiato in nove mesi. Mastrocinque doveva ancora mettere la parola fine al copione che già le macchine giravano nel teatro n. 4 di Cinecittà. […] Il soggetto è di Cesare Zavattini, con il quale la critica è stata molto indulgente. Zavattini se ne lava le mani, dice che il soggetto è una cosa, dieci paginette dattilografate, e il film un’altra. Ma sarebbe ora che questo giovanotto non si accontentasse di incassare i biglietti da mille dei suoi soggetti, e si preoccupasse di seguire la sua creatura, diciamo così, dando una mano al regista e soprattutto agli sceneggiatori, pretendendo garanzie; una vigilanza morale, almeno, un po’ di collaborazione. Invece egli incassa i quattrini e scompare nella notte sperperando il denaro in orge e follie» (Caldiron in Zavattini 2006, pp. 64-66).
L’esperienza tornerà in mente a Zavattini quando, alcuni anni dopo, scriverà sul suo diario, in data 15 settembre 1942: «Apprendo alla Faro Film che a Venezia in un film tedesco è realizzata l’idea dell’inverno di un pezzo di film cartone animato in un film normale. Naturalmente grande successo. Così anche questa volta l’idea, che io ho avuto da anni (si veda Darò un milione nella versione Buoni per un giorno), si veda proposta Grandi Firme (Signorina Grandi Firme), parrà seconda. Io sono sempre arrivato troppo presto con questo cinema italiano provinciale e cafone» (Zavattini 2022a, p. 56).
MM