In chiave documentaristica, si segue il corso del Po, dal Monviso al Delta. È il pretesto per descrivere le vive e reali manifestazioni quotidiane dei cittadini, bisogni e aspirazioni delle popolazioni, la loro vita pacifica così come i loro imprevisti. Un tragitto che passa da città a paese, che percorre i segni festosi o dolorosi della gente di questi luoghi, un ritratto sincero e non retorico delle tradizioni di queste regioni.
Dati d’archivio. Collocazione: Za Sog NR 31/9 contiene: soggetto dattiloscritto con correzioni manoscritte A) 1 p., Viaggio sul Po. Idea per un film lirico documentario di Cesare Zavattini, con timbro SIAE del 5/3/1953 e datazione dattiloscritta: “1°/3/53”.
Di questo soggetto esiste una sola variante, una facciata che riassume l’intera idea. Il soggetto è stato depositato in S.I.A.E. il 5 marzo 1953 e presenta alcune correzioni apportate in due momenti distinti: una prima revisione è stata fatta cancellando con la macchina da scrivere gli errori grossolani; nelle ultime quattro righe sono presenti maggiori variazioni fatte a mano, principalmente un controllo lessicale e una sostituzione di alcuni sostantivi con sinonimi.
Il soggetto è firmato da Cesare Zavattini. Sotto al titolo è riportata l’indicazione “Idea per un film lirico documentario” che sta ad indicare l’intenzione del soggettista di lasciare spazio ad una molteplicità di personaggi. Non è previsto quindi il focus su un attore protagonista, ma si predilige un racconto in chiave corale. Questa scelta viene fatta consapevolmente per esporre più punti di vista, lasciando spazio a più voci eterogenee tra loro, con il fine di restituire un testo audiovisivo documentaristico.
Pubblichiamo il soggetto A, non sono presenti varianti.
Raccontare la patria in chiave corale, con occhio documentaristico è un tema che nella prima metà degli anni Cinquanta Zavattini ha molto a cuore, non a caso “si tratta di una tradizione Neo-realista del documentario italiano prettamente etnografica, rivolta soprattutto al mondo rurale” (Brancaleone 2019: 103). Sull’isotopia tematica del viaggio, ovvero il tema ricorrente di seguire un itinerario più o meno lungo con la macchina da presa in mano, Zavattini è molto insistente. Nella disamina che Nicoletta Zavattini conduce nella sua tesi di laurea spiega: “L’idea di un cinema dell’inchiesta, un film-documentaristico, rimane e collega altri soggetti non realizzati come il presente Il giro del mondo, Sette città e Viaggio sul Po. […] Lo spirito umanitario-universale che è da considerarsi peculiare dell’impegno zavattiniano” (N. Zavattini 1996: 57-58). Inerente al tema del viaggio, sempre di questi anni, ricordiamo il progetto Italia mia (1951-1953). Sembra quasi che ad accompagnare il metodo etnografico utilizzato nella scrittura di questi soggetti ci sia anche una certa tenerezza nei confronti della propria terra, un regalo che Zavattini cerca di fare alla propria città natale una volta resosi conto che l’omaggio alla patria sarebbe stata un’impresa troppo grande. A riprova del fatto che questi soggetti sono stati ideati negli stessi anni, troviamo una lettera di Zavattini a De Sica del 24 ottobre 1951: “Ti dissi un paio di mesi fa che dovevo farti una proposta un po’ pazza e che forse non avrei avuto il coraggio di fartela. Si tratta infatti de Il giro del mondo. Non metterti a ridere e ascoltami con tutta la buona volontà possibile. Vedrai che in ogni caso il discorso sarà utile anche nei confronti di Italia mia” (Cirillo, Fortichiari 2005: 462). Viaggio sul Po sembra essere un soggetto embrione per Viaggetto sul Po, che Zavattini iniziò a scrivere nel 1955. Novati studia la genesi di questo scritto letterario, che definisce “un flusso di coscienza tra appartenenza ed estraneità […] che permea tutta la narrazione” (Novati 2019: 300-303). Si noti come la trama e le strategie narrative siano le stesse di questo soggetto non realizzato: “Si è detto che Viaggetto sul Po rientra nell’odeporica, ma ad uno sguardo più approfondito è difficile stabilire esattamente un genere per questo oggetto letterario. Descrive un percorso di viaggio (dalle sorgenti alla foce del Po), e tuttavia il confine tra ciò che viene raccontato e le impressioni personali dell’autore (soggettive, personali, dunque narrative) è molto labile. Si può affermare che questo piccolo inedito rientri nel genere del reportage narrativo […], un oggetto ‘ibrido’ nato dalla necessità di raccontare i luoghi al più vasto numero di lettori possibile, e al contempo, da parte dell’autore, di poter esprimere le proprie impressioni ed emozioni, dando un taglio stilistico alla narrazione (meno da reportage giornalistico, più breve e denso di dati sul luogo visitato)” (Novati 2019: 301-310). L’idea esposta nel breve soggetto che pubblichiamo si declina anche nel viaggio dalla sorgente alla foce del Po intrapreso nel 1963 da Zavattini assieme al fotografo William Zanca, che dà vita al volume co-firmato Fiume Po (del 1966).