Il soggetto appoggia fin dal titolo la legge imminente sulla legalità del divorzio, e lo fa con un racconto esemplare mettendo in scena la deposizione di Antonio Terzi, uomo che racconta davanti in tribunale l’omicidio della moglie, Maria Freddi. Un viaggio nelle memorie dell’assassino, che giustifica la propria azione ultima ed estrema di sparare alla moglie perché il sentimento è svanito e la separazione dei due non sarebbe stata sostenibile a livello economico.
Dati d’archivio. Collocazione: Za Sog NR 11/2 contiene: varianti di soggetto dattiloscritte con correzioni e note manoscritte A) 4 pp., Titolo provvisorio: divorzio si [sic.], senza correzioni e note; B) 4 pp., [idem], senza correzioni e note; C) 6 pp., Tit. Provv.: Divorzio si, senza correzioni e note; D) 6 pp., Divorzio si; E) 7 pp., Divorzio si (tit. provv.); F) 15 pp., [idem]; G) 13 pp., Titolo provvisorio: Divorzio si; H) 13 pp., [idem]; I) 10 pp., Divorzio si (tit. provv.), senza correzioni e note; L) 10 pp., [idem]; M) 13 pp., [idem]; N) 13 pp., [idem], senza correzioni e note; O) 13 pp., [idem], senza correzioni e note; P) 11 pp., [idem]; Q) 11 pp., [idem], senza correzioni e note; R) 14 pp., [idem]; T) 16 pp., [idem], datato 9/5; U) 19 pp., [idem], datato 22/5/1969; V) 11 pp., Divorzio si, datato 11/7/1977, senza correzioni e note; Z) 6 pp., Vorrebbe che Maria …; AA) due copie dell’opuscolo: Divorzio si, pubblicato nel 1969 direttamente da Cesare Zavattini.
Divorzio sì è il titolo provvisorio dato a questo soggetto, l’alternativa è Diritto di non amare. Ripercorriamo le varianti: il soggetto A è estremamente sintetico (4 pagine dattiloscritte) ma si presenta come incompleto nell’incipit e nel finale. È l’idea essenziale del film, raccontare il delitto di Maria Freddi, uccisa una sera del 1969 dal marito Antonio Terzi, un omicidio come tanti altri all’interno di una coppia ‘normale’, dove semplicemente è scemata l’emozione. Il soggetto B è una copia del precedente. Il soggetto C si amplia in una disamina storico-sociologica e psicologica molto contestuale agli anni Sessanta (si parla di massificazione, di “rapportualità” imposta con gli altri, di lotta al potere coercitivo della società e delle leggi) frutto forse di qualche entusiasta collaboratore al soggetto. È interessante notare come ancora non esista una trama vera e propria, il testo sembra più una lettera di denuncia e propaganda delle proprie considerazioni che un soggetto cinematografico. Zavattini scrive, infatti “vorremmo comunicare le nostre considerazioni al maggior numero possibile di persone”, ed enuncia chiaramente la forte posizione presa dai coautori, favorevoli al divorzio. L’intento del film è svegliare le coscienze, renderle consapevoli della necessità di legalizzare il divorzio. Nel soggetto D: una nota a matita in alto a destra segna “per deposito”; immaginiamo che questa variante sia stata pensata per essere registrata in S.I.A.E. Di questa variante ci sono due copie, pubblicate come fascicoletto con copertina rigida gialla: una copia è limpida, l’altra zeppa di correzioni manoscritte. Diversamente dai soggetti precedenti, in questo prende forma la trama con i due personaggi e si racconta “la confessione fatta davanti alla corte di assise di Roma, di un certo Terzi che ha ucciso sua moglie, Maria Freddi”. Il racconto è pieno di salti temporali perché segue la confessione dell’omicida, le sue passioni e la triste storia d’amore tra i due. Soggetto E lo si può considerare come una versione di passaggio. Zavattini corregge e rivede profondamente per le prime due facciate poi abbandona la revisione a metà della seconda pagina. Si ipotizza che avesse intenzione di riscrivere l’intero soggetto e che si sia fermato perché si stava allontanando troppo dall’idea originale. Soggetto F di fianco al titolo provvisorio Divorzio sì, troviamo un appunto fatto a biro, “versione 8/5”. Nonostante la trama rimanga invariata, Zavattini aggiunge dettagli relativi ai personaggi (ad esempio età e lavoro). Questa variante è stata rivista in due momenti separati, infatti le correzioni manoscritte sono sia a biro che a matita. A mutare è la forma stilistica del soggetto che da narrativo diventa inquisitorio, si mima la deposizione di Terzi, vengono poste delle domande alle quali risponde il protagonista. La voce di Zavattini non si percepisce più, il suo punto di vista svanisce, è diventato un narratore onnisciente. Pian piano, le confessioni di Antonio Terzi passano dall’essere raccontate dal narratore a vera e propria testimonianza in prima persona: la sua deposizione non è più mediata ma viene raccontata direttamente. Soggetto G, a giudicare dalle note manoscritte, forse il soggetto su cui Zavattini ha lavorato di più. La prima metà è rivista quasi nella sua interezza, alle cancellature e aggiunte fatte con la biro nera si alternano dei segni di pastello rosso ai lati del testo. Sembra che il soggetto sia stato corretto in due momenti diversi; la seconda metà, infatti, è corretta a matita e non più a biro. Rispetto alle versioni precedenti che iniziano con “Questo film è la deposizione fatta davanti ai giudici”, il soggetto G inizia con “Un uomo sui quarant’anni. è davanti a noi, ci parla” (corretta a mano con aggiunte che lo fanno diventare: “Un uomo sui quarant’anni un certo Antonio Terzi. Sta parlando in un’aula di Giustizia davanti ai giudici” (soggetto G: 33). Questo nuovo incipit collega tutte le versioni successive fino alla T, mentre la S e la U sono ulteriormente trasformate nell’incipit da fatto di cronaca del soggetto che pubblichiamo: “Un uomo ha ucciso con un colpo di rivoltella sua moglie, una sera di primavera a Roma, nel 1969”. La prima riga di un soggetto è probabilmente un modo rapido di differenziare le diverse versioni in lavorazione nel laboratorio di scrittura di Zavattini (si veda Dusi 2017). Nel soggetto H tra le prime frasi di questa variante Zavattini scrive “potremmo dire che il nostro film è un monologo” (Soggetto H: 47). Il soggettista lascia definitivamente il palcoscenico al protagonista. Diverse anche in questa variante le correzioni, sia a macchina, che a biro, che a matita. Nell’ultima facciata c’è uno schizzo fatto a matita, sembra una piccola foresta, ci sono degli alberi, le foglie e i rami sono dei cerchi concentrici; l’insieme ricorda vagamente la forma di un cuore. Soggetto I Zavattini scrive: “una delle solita tragedie coniugali, niente di nuovo, di romanzesco” (Soggetto I: 61). L’insistenza del soggettista sulla quotidianità e sulla normalità dell’uxoricidio è volutamente provocatoria e fortemente ironica; estremamente interessante notare che la frase appena citata è presente in ogni variante di Divorzio sì. Questa variante è quasi priva di correzioni. Soggetto L è la copia del soggetto precedente. In aggiunta, ci sono delle correzioni manoscritte a biro ed a matita. È anche la prima variante in cui le correzioni arrivano fino all’ultima pagina. Soggetto M è la trascrizione del precedente con le correzioni integrate. Per la prima volta, la narrazione viene arricchita con degli estratti delle conversazioni che avvengono tra Maria e Antonio; nel momento in cui lei ammette che non si amano più e vorrebbe il divorzio, lo scoglio più grande è quello economico, è sostentare due “amministrazioni separate”. In questa variante cambia l’ordine dei fatti, quello che prima era il finale viene spostato tra i vari ricordi di Antonio e troviamo indicazioni cinematografiche come: “Davanti all’immaginazione di Antonio quel colpo di rivoltella risuona tre quattro cinque volte, e visto come da dieci, venti macchine, una diversa dall’altra” (Soggetto M: 96). Come battuta finale, invece, mentre Antonio sta rimembrando la moglie e gli ultimi attimi prima dell’uccisione, viene inserito il richiamo che il presidente della commissione fa all’omicida: “la voce del presidente, questa volta severa, l’interrompe. Terzi venga all’essenziale” (ib.). I soggetti N e O sono la copia del soggetto M, senza le correzioni. Il soggetto P è la copia del soggetto precedente con qualche correzione degli errori di battitura a biro blu. Anche il soggetto Q è la copia del soggetto precedente, ma le correzioni fatte nel soggetto P non vengono riportate. Soggetto R: questa variante presenta diverse correzioni fatte a matita, quasi tutte delle aggiunte, e punti di domanda a lato del testo; a volte ci sono delle domande relative al testo, sembrano indicare dei momenti dove la trama andrebbe approfondita. Nella prima facciata c’è un’indicazione, sempre a matita “copia consegnata a Tacconi?” e un asterisco con quelli che sembrano essere tre titoli alternativi: La disputa, Di chi la colpa, Oggi. Il soggetto T, datato 22 maggio 1969, cambia leggermente l’incipit in “Un uomo sui trentacinque anni, Antonio Terzi”, e spiega subito dopo che il film è la deposizione dell’assassino, riassunta dopo che “l’abbiamo registrata parola per parola e, possiamo aggiungere, immagine per immagine” (Soggetto T: 181), la struttura non cambia ma ci sono più approfondimenti sulla dimensione psicologica del protagonista. Prima di questo nell’ordine dell’archivio, ma probabilmente successivo, il soggetto S è più asciutto e presenta diverse correzioni fatte a penna, anche se non ci sono macro-variazioni dal punto di vista narrativo. La variante S con le note manoscritte (oppure la versione U che è la trascrizione della versione S comprese le note manoscritte), è quella edita sia in Mazzoni (1979; 261-269) sia in Caldiron (2006: 290-298).
Pubblichiamo nel volume e online il soggetto U (già pubblicato in Mazzoni e in Caldiron) e il soggetto D online.
Il soggetto tratta un tema contemporaneo a Zavattini, in Italia la legge sul divorzio venne infatti introdotta a livello legale il primo dicembre 1970. Interessante notare come in Mazzoni (1979) non ci sia nessun commento alla trascrizione, mentre in Caldiron (2006: 298) leggiamo: “Divorzio sì – altro titolo Diritto di non amare – risale al 6 giugno 1969, data del deposito in Siae. Scritto su commissione della romana Arvo Film, il soggetto si ispira a un fatto di cronaca nera dell’epoca”. Sono gli anni, o meglio i mesi in cui si sta finalizzando la legge sul divorzio, le polemiche sono tante e l’ostilità del mondo cattolico è forte. Tra le carte originali, c’è anche una lettera di accompagnamento destinata a Zavattini, datata 11 luglio 1977 (di un mittente la cui firma è illeggibile) che informa della consegna di Divorzio sì ribattuto da Roberta Mazzoni, pronto per la pubblicazione. La lettera recita “Caro Zavattini, Roberta Mazzoni ha consegnato tutto il malloppo la scorsa settimana, e questa mattina mi ha dato ribattuto anche DIVORZIO SI. Penso di far bene restituendo a Lei, allegato, l’originale. Molto cordialmente”. C’è stata quindi una diretta volontà di Zavattini nel far pubblicare questa versione. Ripercorrendo le diverse varianti dello stesso soggetto, esemplare e schierata è la prima indicazione inserita come intestazione alla prima stesura del soggetto, che fornisce un’ottima chiave di lettura: “Questo film vuole portare un contributo alla lotta per la introduzione del divorzio in Italia non solo nelle leggi ma anche nelle coscienze. Gli autori mirano sopra a tutto ad analizzare l’Istituto del matrimonio che costituisce una delle forme coercitive più violente della nostra società” (Soggetto A: 1). Come spesso Zavattini fa quando vuole denunciare un episodio con un linguaggio audiovisivo, si mette in secondo piano e lascia parlare i fatti attraverso i personaggi; le sue velate critiche alla cronaca saranno colte dagli spettatori più attenti. Infatti, nella seconda facciata di questo soggetto Zavattini scrive “la famiglia è purtroppo una incubatrice di questi stati d’animo ossessivi, un centro in cui si subisce o si esercita talvolta senza saperlo, la più implacabile repressione […] ma non siamo noi che scopriamo questa verità. È Terzi stesso, davanti ai giudici, assetato di verità, più di loro”. La voglia di giustizia e di verità è il punto di vista esplicito di Zavattini, che nel soggetto viene assimilato dalle battute dei personaggi. Questo passaggio è intuibile se ci si sofferma ad analizzare come la voce della moglie uccisa prenda piede pian piano nelle diverse varianti; da essere ‘solo’ una vittima con un nome e un data di morte, la sua storia viene narrata tramite il marito, che le dà voce. Dalla variante M infatti, il racconto della moglie uccisa trova sempre più spazio nella deposizione del marito, che diventa protagonista di entrambe le storie, dove domina la frustrazione per l’innamoramento perduto reciproco, così come reciproca è anche la mancanza di coraggio nell’allontanarsi e continuare le proprie vite separatamente. Con le parole di Zavattini, “due poveri esseri, dice, avviliti e annullati”. Oltre ad annoverare questo soggetto tra i film tratti da fatti di cronaca (o film lampo, nella definizione di Zavattini), notiamo la volontà sperimentale di guidare lo sguardo dello spettatore nel soggetto, con il narratore che si preoccupa di spiegare come il racconto in diretta di Antonio davanti al giudice noi “lo seguiamo attentamente […] anche le immagini che evoca […] È come se vedesse. Ormai vive con i suoi fantasmi. Sono lì, su uno schermo”. Sperimentale è anche l’idea di permettere all’imputato in veste di narratore (e quindi al film) di usare tecniche di montaggio nella scena dell’omicidio per seguire il corso della pallottola mortale sparata dal marito verso la moglie con ripetizioni e ralenti, fermo immagine di un istante e ripresa dell’azione. Un modo cinematografico spesso esplorato nella scrittura di Zavattini, se pensiamo al soggetto del film Un minuto di cinema (del 1943), o anche a Un tentativo, che pubblichiamo nel volume e online.
Zavattini nel suo studio da pittore, anni Sessanta/Settanta (?) (foto Gianni Caramanico)
Per gentile concessione dell’Archivio Cesare Zavattini, Biblioteca Panizzi, Reggio Emilia