Un giovanotto povero e impacciato, R, si trova costretto dall’amico A a rubare un portafoglio su un autobus. Il ragazzo però, a furto avvenuto, si innamora della ragazza vittima del furto e si ripromette di trovare i soldi per restituirglieli di nascosto. Decide così di rubare la preziosa argenteria della casa di fronte alla sua. Grazie alla sua agilità entra dalla finestra ma, visto dal bambino della famiglia, è costretto a fingersi un angelo per non essere scoperto. I tentativi di restituire i soldi sono fallimentari, ma l’amore sboccia comunque e i due decidono di sposarsi. Il giorno del matrimonio la famiglia dei vicini, per cui lavora la ragazza e per cui ha iniziato a lavorare anche R, scopre del furto. Sembra non ci sia via di scampo, almeno fino a quando l’amico A, con coraggio, decide di sacrificarsi e andare in carcere al posto suo.
Dati d’archivio. Collocazione Za Sog R 44/1-3 contiene sei soggetti, una scaletta, quattro sceneggiature e tre note di lavorazione. Nella prima cartella (Za Sog R 44/1) sono disponibili sei soggetti dattiloscritti: A) 2 pp. (originale dattiloscritto con firme su entrambe le pagine); B) 23 pp. (originale dattiloscritto con dicitura a mano recitante «originale» nella prima pagina, p. 2 bis); C) 10 pp. (originale dattiloscritto con note manoscritte, firmato a mano, in ogni pagina, da Cesare Zavattini e datato «17 ottobre 1952» nella prima pagina con timbro SIAE, p. 23, e «aprile 1952», p. 32); D) 14 pp. (originale dattiloscritto con appunti manoscritti nel retro delle ultime due pagine, pp. 45-46, che riportano una data probabilmente leggermente successiva a quella della stesura del soggetto, «Roma, 15 marzo 1951»); E) 10 pp. (originale dattiloscritto con numerose note e correzioni manoscritte, tra queste anche il titolo e una data nella prima pagina, p. 47, che riporta nello specifico «correzioni [dell’]aprile 52» [la parola «maggio» è cancellata]); G) 25 pp. (soggetto originale in francese dattiloscritto con piccole correzioni manoscritte, intitolato Tombé du ciel, con una prima pagina che recita «Synopsis du scénario de M. Cesare Zavattini par M. Jean Ferry», a tutti gli effetti un altro soggetto). Invece, sempre nella stessa cartella, alla lettera F) 27 pp. (dattiloscritto), non risulta esserci un soggetto, ma la prima parte di un trattamento, riguardante il primo tempo del film; la copertina porta la dicitura «Record Film. Soggetto di Cesare Zavattini. Sceneggiatura di Cesare Zavattini con la collaborazione di J. Comin, D. Damiani, L. De Mitri, C. Rivelli, V. Tosi, V. Veltroni», nella seconda pagina di copertina si legge «Treatment del primo tempo. (Prima stesura)». Nella seconda cartella invece (Za Sog R 44/2) sono presenti quattro sceneggiature incomplete: A) 40 pp. (relative ad alcune scene, dattiloscritte con note manoscritte e alcune firme di Zavattini); B) 31 pp. (relative a due specifiche sequenze, dattiloscritte con note manoscritte); C) 76 pp. (originale dattiloscritta con note manoscritte, con camicia sulla quale spicca un grande titolo scritto a mano e un disegno nel retro; il contenuto è relativo alla prima parte del film); D) 77 pp. (dattiloscritta con note manoscritte, sempre relativa alla prima parte del film). Infine nella terza cartella (Za Sog R 44/3) tre note di lavorazione: A) 2 pp. (originali manoscritte); B) 2 pp. (originali manoscritte su foglio a quadretti); C) 1 p. (originale manoscritta). In archivio, nella cartella Za Corr. R 71, sono presenti anche i carteggi tra Zavattini e Renato Rascel, alcuni dei quali fanno luce su specifici passaggi della lavorazione al film.
Un’analisi delle versioni disponibili ci porta alla seguente ipotesi filologica. Dato che il soggetto A è intitolato nella prima pagina come «titolo provvisorio» e riguarda una versione di solo due pagine, inevitabilmente primordiale, con ancora tanto da definire, possiamo supporre sia la prima versione scritta, come vedremo nella nota storico-critica, tra il 1949 e il 1950. A questa seguono i soggetti B e D che, date le dimensioni rilevanti, contengono una storia più articolata che procede con sequenze di eventi leggermente diverse. Difficile capire quale variante venga prima, ma sappiamo che sono state scritte entrambe prima di marzo del 1951, per la data riportata come un appunto manoscritto sul retro di una pagina del soggetto D (p. 46). Il soggetto B sembra scritto successivamente in quanto contiene meno correzioni e nella prima pagina è riportata manoscritta la dicitura «originale». Successivamente arrivano i soggetti C ed E, con una progressione evidente che vede il soggetto E come una versione intermedia, una copia con correzioni manoscritte che nel soggetto C (più pulito) sono riportate dattiloscritte. Operando un confronto con testimonianze indirette, come articoli dell’epoca, sinossi disponibili in varie schede informative e, in particolare, una trascrizione romanzata a dimensione di soggetto dell’intero film pubblicata quell’anno su «Novelle film» (Guglieri 1953, pp. 24-26), possiamo ritenere il soggetto C il più simile alla pellicola, anche in quanto riporta un timbro SIAE che ci fa supporre sia il soggetto definitivo, così come una doppia data, come già detto, che testimonia la fine di stesura del soggetto avvenuta tra aprile e ottobre del 1952. Per la coproduzione si rende necessario un soggetto in francese con il titolo Tombé du ciel, come possiamo vedere nel soggetto G, titolo che diventa nella versione ufficiale Voleur malgré lui (Bernardini, Gili 1990, p. 215). Questa copia, come recitato in una descrizione a inizio soggetto, è diretta forse a una consulenza a Jean Ferry, sceneggiatore francese che non sembra avere un particolare ruolo nella lavorazione del film se non per qualche parziale annotazione (Castiglioni 2000, p. 297).
Successivamente troviamo il trattamento – in ACZ indicato come soggetto F – che sviluppa il primo tempo del film, mentre le sceneggiature non sono complete e ognuna fa riferimento a sequenze specifiche. Nel dettaglio, le sceneggiature A e B contengono tre sequenze riguardanti: una proposta di matrimonio tra i due protagonisti, un tentativo di Renato di lavorare in cantiere e una successiva fuga con arresto. La sceneggiatura A è precedente alla B in quanto contiene correzioni scritte a mano poi dattiloscritte nella B, ci viene restituita però come una versione più ampia con tutte e tre le sequenze, che rispetto alla trama possono essere inserite successivamente alla fine del primo tempo. Le altre due sceneggiature C e D, invece, fanno riferimento alle prime sequenze con descrizioni dei vari tentativi di furto sull’autobus. Infine le note di lavorazione presentano: la nota A con appunti sulla scena del cantiere, la nota B con appunti sulla scena del ritorno di Renato da Callone dopo essere stato in caserma, mentre nella nota C Zavattini espone una serie di dubbi sulla figura del bambino, sulla vena comica del film e sull’umanità e ingenuità del protagonista.
Pubblichiamo nel volume il soggetto C, ancora inedito. Pubblichiamo online anche il soggetto D (ovvero la versione intermedia) e il soggetto A (ovvero la versione embrionale). A questi aggiungiamo anche una piccola illustrazione disegnata a mano sul retro della camicia della sceneggiatura C nella quale è ritratto con uno stile astratto lo schema di salto tra un palazzo e l’altro eseguito da Renato nel soggetto, la trascrizione del film con fotografie pubblicata su «Novelle film» (Guglieri 1953, pp. 24-26) e, infine, due carteggi tra Rascel e Zavattini (Za Corr. R 71/12, Za Corr. R 71/9).
La prima volta che Cesare Zavattini menziona nei suoi diari Piovuto dal cielo (De Mitri, 1953) è il 1950, quando dichiara di aver scritto un «soggetto fatto per Rascel, da migliorare, ma nel complesso buono» (Zavattini 2022a, p. 374). I tre anni che lo separeranno dall’effettiva realizzazione, come possiamo notare nella nota filologico-genetica, saranno anni di stesure e riscritture. Nei pochi documenti relativi al film troviamo un’intervista che Oriana Fallaci fece all’attrice Cécile Aubry, dove si racconta che Zavattini scrisse la prima idea del soggetto già nel 1940, costruito sul personaggio di Rascel (Aubry in Fallaci 1953); il ruolo della Aubry potrebbe spiegare perché nella versione in francese del soggetto G le prime pagine sono dedicate a descrivere Maria, il personaggio femminile. L’idea di questo film infatti, ancora senza titolo, compare nei diari anche nel 1949, quando Zavattini riporta gli incontri con Rascel sempre dedicati a questo soggetto «su lui» (Zavattini 2022a, p. 349), che inizierà a vedere la luce solo all’inizio degli anni cinquanta. È per un altro film però, nel 1952, che la collaborazione tra Zavattini e Rascel, amici di lunga data, prende forma concreta per la prima volta, quando Rascel recita ne Il cappotto (Lattuada, 1952), lo stesso anno di un altro film che li vede coinvolti insieme, ovvero Canzoni di mezzo secolo (Paolella, 1952). Una collaborazione entusiasmante, tanto che Rascel dichiara in un’intervista di essere già al lavoro per recitare in un’altra opera di Zavattini (Borelli 1952). Quello stesso anno, nei carteggi con Rascel, Zavattini presenta Damiano Damiani, poi coinvolto nella stesura della sceneggiatura, come ipotetico regista del film, dicendo: «io sarei molto contento che ne fosse lui il regista per tante buone ragioni […] mi pare che Damiani sappia con esattezza ciò che ti conviene, in altre parole quale sia il modo migliore […] di valorizzare il tuo mondo» (Za Corr. R 71/12). Rascel risponde alla lettera entusiasta delle modifiche suggeritegli ribadendo: «tu sai come sono innamorato di quel personaggio» (Za Corr. R 71/9). Poco dopo il progetto parte, alla regia però c’è Leonardo De Mitri e per la sceneggiatura del film vengono coinvolti, insieme a Zavattini, Marcel Druon, Renato Rascel, Leonardo De Mitri, Vittorio Veltroni, Damiano Damiani, Virgilio Tosi e Cesare Rivelli. Il numero alto di partecipanti lascia intendere come il lavoro sia stato complicato e in effetti Zavattini, che alla fine del 1952 dichiara nei diari la sua insoddisfazione (Zavattini 2022a, p. 485), conferma questa ipotesi. Lo stesso anno esce nelle sale anche La passeggiata (Rascel, 1953), diretto dallo stesso attore. L’anno successivo, durante la promozione di Piovuto dal cielo, si inizia a parlare pubblicamente di un altro film insieme a Rascel intitolato Lo schiaffo, che però non si realizzerà mai (si veda Zavattini 2022b, p. 307).
La ricezione del film prende forma in due momenti distinti. Il primo durante le riprese, agli inizi del 1953, motivato dalla presenza dell’attrice francese Aubry in Italia. L’interesse della stampa si manifesta con interviste e foto dal set, specificando il regista e riconoscendo Zavattini come unico autore del soggetto. Ci si sofferma molto su articoli di colore, con piccole anticipazioni del film con titoli come Pioveranno dal cielo Rascel e la bella Cécile (Giraldi 1953) o Si amano rompendo i piatti Cécile Aubry e Renato Rascel (Rossignoli 1953). In queste interviste gli stessi attori continuano però a rimandare a Zavattini, usandolo come certificazione della qualità del film. Cécile Aubry, infatti, dice: «non continuo a spiegarvi cos’è il film […] basta dire che l’autore del soggetto è Zavattini, veramente un uomo geniale, una delle menti più prolifiche del cinema mondiale». Anche la critica celebra Zavattini, tanto che «L’Avvenire d’Italia» scrive: «Un altro soggetto di Cesare Zavattini, e a questo punto sarebbe forse opportuno fare un lungo discorso sul “fenomeno” Zavattini», quasi a porre l’attenzione sull’autorialità della sua opera.
Il film però non riceve una grande accoglienza. La maggior parte degli articoli si preoccupa di attribuire il fallimento ai processi di trasformazione che hanno tradotto un soggetto riuscito in un film poco apprezzato. Si dice infatti: «un’altra idea di Zavattini sfuma con Piovuto dal cielo: ed è un peccato che soggetti pieni di interesse politico, ricchi di un singolare valore umano (è stato il caso ad esempio di 5 poveri in automobile, di Buongiorno, elefante!) non vengano sfruttati come meriterebbero».
Passando infine a un confronto tra il film e le varianti dei soggetti, possiamo notare come, con il progredire della scrittura, Zavattini lavori sul prologo, ovvero sulle motivazioni che portano il personaggio interpretato da Rascel a rubare. Nel soggetto A l’unica indicazione è la volontà di fare un regalo a una donna che crede ricca, nei soggetti B e D invece egli è un venditore ambulante di cravatte con velleità artistiche che mette in piedi una compagnia teatrale e necessità di soldi per avviare l’attività, mentre nei soggetti C ed E diventa un giovanotto povero e disoccupato, obbligato da un amico a rubare a una donna di cui però si innamora, e che vuole riparare al danno commesso. In tutti i soggetti c’è l’innamoramento e una condizione di povertà, cioè una condizione di necessità, e Zavattini nel soggetto D si preoccupa di specificare a buona fede del protagonista, rivolgendosi al lettore: «non scandalizzatevi perché avreste rubato anche voi nelle condizioni del nostro amico» (p. 38). A parte il soggetto A, basilare, rimangono sempre presenti nelle successive versioni l’amico poco affidabile, la famiglia ricca con il bambino e il salto da un palazzo all’altro. Cambiano spesso i nomi, così come i finali. Prima la famiglia scopre che Rascel è il colpevole ma, vedendo il figlio sognante, fa finta di niente pur assicurandosi che non si sarebbe più fatto rivedere; nelle versioni successive i due protagonisti invece si sposano e, quando il crimine viene a galla, l’eroe non viene graziato come nel soggetto precedente, ma è l’amico che si sacrifica per lui facendosi arrestare. Il prologo diventa una variante costante, tanto che nel film realizzato la scoperta avviene prima del matrimonio, in una sequenza di scene ancora diversa: Rascel inizia a lavorare e, quando viene scoperto, riesce a liberarsi per l’incredulità del padre del bambino nei confronti della storia del salto tra i palazzi.
Letto oggi, il lavoro con Renato Rascel va contestualizzato nell’originaria passione di Zavattini per il varietà, che, come ricorda Stefania Parigi, lo porta subito a delineare «un’idea di cinema in cui la componente intermediale […] si riverbera sulla scelta dei soggetti» (Parigi 2006, p. 167) in linea con la sua idea di «film-trovata» come congiunzione di tre campi: «il giornalismo umoristico, il varietà e la tradizione cinematografica dello slapstick americano» (p. 168). Zavattini ha sempre scritto dei «ritratti d’artista» (Jandelli 2002, p. 31) fin dalla sua celebre rubrica su il «Tempo». In quel caso i comici del varietà diventavano personaggi in cerca d’autore, incapaci di «trovare dentro di sé un regista» (Zavattini in Parigi 2006, p. 329), come sapevano fare invece Keaton e Chaplin. È di quest’ultimo, tra l’altro, l’eco più evidente nella scrittura realizzata per il soggetto di Piovuto dal cielo.
AS