Sette volte donna è un film a episodi sulla donna e sulle sue sfaccettature, che racconta di sette storie diverse ed eterogenee tra loro. Tra i vari sketch conosceremo la gelosia coniugale, l’adulterio, situazioni di rivalità per un abito di moda, un suicidio di coppia sventato, un corteo funebre con corteggiamento della vedova.
Dati d’archivio. Alla collocazione Za Sog R 51/52 troviamo diverse varianti di progetti generali, scalette, soggetti e sceneggiature dei sette episodi di cui si compone il film. La prima cartella Za Sog R 51/1 contiene il progetto generale in cinque stesure dattiloscritte: A) 43 pp., con nota manoscritta «copia tradotta in inglese il 1.2.1966» e correzioni autografe, dal titolo Sette volte donna (idea per un film di C.Z.); B) 30 pp., datato «febbraio 1966», stesso titolo, con note autografe; C) 30 pp., stesso titolo; D) 7 pp., dal titolo Venti volte donna. Sette volte donna (idea per un film di C.Z.), con relativa copia E).
Nel progetto generale A, Zavattini immagina un film a colori e a episodi, brevi «ritratti» della durata minima di quattro minuti e massima di venticinque, sette trame slegate tra loro, «un campionario di tipi, di caratteri femminili moderni» (p. 1). Il primo episodio vede protagonista una vedova che segue il lussuoso carro funebre del marito. Con il secondo sketch conosciamo Anna mentre rincasa e si innamora di un giovanotto che la segue, in realtà mandato dal marito geloso. Segue la storia di una giovane coppia di amanti in una camera d’albergo, pronti a togliersi la vita insieme, ma che poi litigano. Il quarto sketch «si svolge durante una festa da ballo» (progetto A, p. 11) dove Anna, dopo esser stata schiaffeggiata dal marito perché accusata di infedeltà, dà prova delle sue doti amorose fingendosi l’amante di tutti gli uomini presenti. Il quinto episodio racconta invece di Giulia che «scopre il marito a letto con una donna» (p. 14) e passa la notte in strada (accudita da alcune prostitute) alternando sentimenti di vendetta, accettazione, fuga. Il sesto episodio presenta Berenice, una moglie che cerca di attirare l’attenzione del marito con modi talmente disperati da fargli pensare che lei «è vittima di un forte esaurimento» (p. 27). L’ultimo sketch racconta di Giusi, una signora dell’alta società che all’inaugurazione della stagione lirica scopre che una rivale indosserà un abito uguale al suo e chiede aiuto al marito per boicottarla. Segue il progetto generale B (pp. 44-73), con nell’intestazione una nota manoscritta: «febbraio 66. Copia tradotta da Peter Baldwin e riportata a Hollywood». Zavattini pensa alla regia di Vittorio De Sica e a una sola grande attrice che interpreti i sette episodi «senza soluzione di continuità» (p. 44); questa variante è una riscrittura della precedente ma ne incorpora le correzioni, con alcune note autografe a matita con l’ipotesi di titoli per i vari episodi. Il progetto C (pp. 74-103) è una copia di B. Nel progetto D (pp. 104-110), dal titolo alternativo Venti volte donna (con ancora il titolo Sette volte donna ma sottolineato in rosso), Zavattini modifica le lunghezze degli episodi (ora da due a venti minuti), immagina venti episodi invece di sette, e spiega: «La stessa differenza che naturalmente intercorre fra gli sketch (per la truccatura del personaggio, l’ambiente, l’abbigliamento, il trucco, la pettinatura) contribuisce al diretto e fluido scandimento [sic] del film nei suoi venti momenti» (progetto D, p. 104). Si aggiunge come secondo episodio una moglie che viene sorpresa a letto con un uomo anziano che scopriamo contribuire al «bilancio della situazione familiare, economicamente disastrosa» (p. 106). Dal settimo al diciottesimo sketch sono previsti brevissimi dialoghi di un minuto circa che si susseguono tra di loro; l’episodio finale, scrive Zavattini, «col quale si chiude il film, è lungo solo tre o quattro minuti e siccome dev’essere il più divertente di tutti, il più sorprendente, non ve lo dico» (p. 110). Il progetto E è la copia del precedente (pp. 111-117).
La lavorazione prosegue con la stesura di cinque scalette numerate nella cartella Za Sog R 51/2: A, B, E sono liste di sketch scritte a mano, mentre le scalette C e D sono dattilografate. Nella D si elencano una trentina di titoli per sketch del film (proposto ma non realizzato) Settanta volte donna. Nella scaletta C (intitolata Luzzara, forse in omaggio al luogo in cui sta scrivendo) e datata 15 gennaio 1966, Zavattini elenca sette episodi («La neve; I Suicidi; Messalina; All’opera (il vestito); Le puttane; Un matrimonio; I tre a letto») poi, sotto il titolo Un matrimonio scritto a metà pagina, elenca dieci titoletti preceduti dalla frase: «è composto dai seguenti flashes» (ad esempio «Lasciatemi riflettere; Amore in spagnolo; Dio ti vede; Il funerale»).
I restanti documenti si suddividono per episodio, e a ogni soggetto segue la sceneggiatura dedicata. Il primo, La neve, nella cartella Za Sog R 51/3, presenta tre stesure; il soggetto A è dattiloscritto, il soggetto B è una copia con numerose correzioni e lunghe aggiunte manoscritte, entrambi portano la scritta a mano in intestazione «superata. 24.11.65» (pp. 1, 6); sul soggetto C (pp. 12-16), Zavattini scrive «ultima copia. 26.11.65»: la variante integra le correzioni precedenti, e confluisce con alcune variazioni nel secondo episodio del già citato progetto generale A (datato i primi di febbraio 1966). Di questo episodio sono presenti cinque varianti di sceneggiatura dattiloscritte (nella cartella Za Sog R 51/4): la sceneggiatura E è la più antica, con numerose correzioni e aggiunte manoscritte che passano nella variante C (nonché la copia D), entrambe dattiloscritte senza correzioni; esse vengono riprese nella variante B con aggiunte manoscritte poi integrate dalla sceneggiatura A, quasi priva di correzioni. In quest’ultima una scritta a matita recita in intestazione: «Copia consegnata a De Sica il 15.6.66 a Roma». Nelle varianti di sceneggiatura si espandono le situazioni del soggetto C con i dialoghi tra le amiche – definite meglio nelle loro differenze ma qui chiamate soltanto «La bionda» e «La bruna» – e con la donna bionda quando torna a casa dal marito geloso, che l’ha fatta pedinare. Il finale, riscritto a mano nelle varianti E e B, elimina la telefonata/confessione tra le due amiche, ma lascia intendere che la felicità della donna è per il giovane uomo che l’ha seguita.
Segue la lavorazione dell’episodio I suicidi. La cartella Za Sog R 51/5 contiene solo una variante del soggetto A (pp. 1-5), datata 26 febbraio 1966, incompleta e con molte aggiunte a mano, con i due amanti che scrivono frasi sui muri: «potremmo chiamare l’episodio: I ribelli della società» (p. 5). In questo caso, come si evince anche dalla data di febbraio 1966, si espande il racconto sintetico fatto preliminarmente nel progetto generale A. Seguono tre varianti di sceneggiatura dattiloscritte che espandono il soggetto in nuove direzioni (i due hanno anche un registratore portatile dove provano a lasciare delle spiegazioni): la sceneggiatura più antica è la variante C di 24 pp., con numerose cancellazioni e riscritture autografe con i nomi dei due amanti: Fred e Marie. Segue la variante B, di 28 pp., che ne incorpora le correzioni, con una intestazione scritta a mano: «Copia data a Luzzara a Peter e Emi il 27.5.66»; B presenta altre correzioni che passano nella variante A, di 28 pp., in cui una scritta a mano recita: «Roma, 16.6.66. Copia consegnata a De Sica». Mentre in B il finale vede i due uscire sconfortati dall’hotel e allontanarsi in diverse direzioni, la variante A riprende il finale di C, con la donna che fugge dalla finestra del bagno grazie alle scale antincendio.
Il terzo episodio è Una donna e due uomini, con titolo alternativo Due contro uno. La cartella Za Sog R 51/6 contiene due soggetti, tre scalette e altrettante sceneggiature dattilografate. Il soggetto A (pp. 1-8) racconta di una donna, interprete, contesa tra un delegato italiano e uno inglese in una riunione al palazzo dei congressi. Deliziata dal comportamento dei due e non volendo prendere una decisione, invita entrambi nella sua camera da letto e inizia un gioco di corteggiamento che però finisce a schiaffoni. Si tratta di una stesura superata, forse non di Zavattini, il quale segna a lato di molti paragrafi vari «No». Il soggetto B (pp. 9-10) presenta due pagine manoscritte da Zavattini con un monologo della donna che entrerà parzialmente nelle scritture successive. La variante A della sceneggiatura, di 25 pp., presenta molte correzioni riprese nella variante C, che porta una nota autografa «Copia consegnata a Minon il 18.6.66», con nuove correzioni. Queste passano nella variante B, di 42 pp., senza correzioni.
Del quarto episodio, intitolato Il funerale o Il corteo funebre, sono disponibili due varianti di sceneggiatura dattilografate (Za Sog R 51/7), che ampliano il racconto inserito nel progetto generale con dialoghi e nuovi personaggi. La variante A, di 10 pp., presenta una scritta a mano: «Prima versione. Consegnata a Peter a Roma il 16.6.66 ore 22.45»; contiene note e correzioni autografe che passano nella variante B, di 12 pp., senza correzioni. Segue il quinto episodio, dal titolo Le p…, per il quale Zavattini scrive sei varianti di sceneggiatura, dattiloscritte (Za Sog R 51/8). La variante B di 44 pp. presenta correzioni a mano che passano in A; la variante A, di 44 pp., porta la scritta a mano «Prima versione. Copia consegnata a Emy e Peter il 1.7.66», e una nota finale per il traduttore inglese sul gergo romanesco parlato dalle prostitute (quindi la precede). La variante C di 17 pp. è completa, ma con molte variazioni manoscritte, mentre le varianti D (26 pp.), E (4 pp.), F (12 pp.) sono parziali, con molte correzioni a mano (che passano in B e in A).
Dell’episodio All’opera, dal titolo alternativo Una sera all’opera, troviamo nella cartella Za Sog R 52/1 due sceneggiature e un soggetto (4 pp.) datato 01.07.1966, scandito a paragrafi per le diverse scene, come pure una lunga scaletta, e dei titoli alternativi: Alla scala; All’opera; Episodio dei vestiti. Qui Eve, la protagonista, accusa Georgette di averle rubato il modello dell’abito di moda nel giorno della prima all’opera, e orchestra la vendetta assieme al marito con una bomba nell’auto della rivale che «farà danni, ma non ammazzerà nessuno» (p. 3). Nelle varianti di sceneggiatura (A di 60 pp.; B di 67 pp.), entrambe dal titolo All’opera, la più antica è A, con poche note a mano, riprese in B, che però cassa le ultime pagine e riscrive a mano il finale (pp. 131-132), riportato dattilografato nelle due pagine precedenti: Eve, inseguita dalla musica, scoppia a ridere e piangere «in modo infantile» uscendo dal teatro, finché riderà anche il marito. Nella cartella Za Sog R 52/2 si trovano tre sceneggiature dattilografate dell’episodio, intitolato dapprima Messalina poi Edith (correzione a mano nella variante C), infine Simone (correzione a mano nella variante A). Le note e riscritture autografe passano da C alla variante A, le cui correzioni a mano confluiscono nella sceneggiatura B senza ulteriori variazioni, anche se qui resta il vecchio titolo Edith. La sceneggiatura A porta la scritta autografa: «Primissima versione. A Peter il 19.7.66».
Pubblichiamo nel volume il progetto generale C, mentre pubblichiamo online il progetto generale E, e le scalette generali B e C. Inoltre online pubblichiamo: soggetto C La neve; stralci di sceneggiatura A e B, La neve; soggetto A I suicidi; stralci di sceneggiatura A, B, C, I suicidi; soggetto A e B, Una donna e due uomini, con stralci di sceneggiatura C; soggetto A Il funerale; stralci di sceneggiatura A Le p…; soggetto A All’opera, con stralci della sceneggiatura B; stralci della sceneggiatura A Simone.
In data 5 luglio 1966, Zavattini scrive ad Arthur Cohn, futuro produttore del film, e immagina già «l’interpretazione di un’attrice dalle qualità umoristiche di Shirley MacLaine». Questa lettera illustra l’intero progetto: «Il film si intitola Sette volte donna. Cosa significa questo? Sono sette differenti, contrastanti, opposti caratteri di donne diverse. Una è timida, sentimentale, pavida, con un matrimonio non riuscito, infelice (La neve). La seconda è una donna del popolo, di idee progressiste, leale, sana, altamente morale, che si ribella all’ipocrisia, all’ingiustizia, alla vita (I suicidi). La terza è una donna venale, in contrasto alla donna dei Suicidi che è tutto il contrario, attaccata al denaro, un cuore di pietra, bella, ricca, ambiziosa, ed ecco la donna del Funerale. La quarta è una donna che non ha che un solo miraggio: l’uomo. E disgraziatamente si è innamorata di un uomo colto, intelligente, che conosce pittura, scultura, letteratura, filosofia, musica, ma purtroppo è impotente. Questa donna che avrà alla fine, con l’incontro di due validissimi e virili uomini, la sua ribellione, getta via la fotografia del colto fidanzato, e si suppone che si darà a questi due o a uno di essi […] è una donna decisamente cinica e moderna» (p. 1). Zavattini si dice «sicuro dell’esito positivo di ogni sketch» e crede talmente tanto nella sua formula che pochi mesi prima scrive sia a De Sica che a Cohn, immaginando una versione al maschile del progetto: «sono cioè del vostro parere che da un punto di vista commerciale l’idea di fare seguire a tamburo battente al film di Shirley un film di un grande attore, con la stessa formula, possa essere valido e atteso, Sette volte uomo. […] [La formula] è da considerare seriamente prima di scartarla. Potrei, se la considerate favorevolmente, servirvi non meno bene di quello che ho cercato di fare con Sette volte donna. E anche dentro un tempo molto breve. I soggetti degli sketches li ho quasi già tutti e voi sapete che in questo genere ho, senza vanteria, una certa facilità». Da una lettera del 24 ottobre 1966 apprendiamo che Zavattini chiese a Cohn la collaborazione del figlio Marco, e come ci siano stati degli screzi circa un pagamento che tardava ad arrivare. Per Zavattini il contratto verbale ha avuto sempre «valore definitivo» e ora, scrive, «che cosa devo dire? È ingiusto che io sia ridotto a fare la parte di uno che ha introdotto suo figlio in un [modo] surrettizio nel lavoro e domanda arbitrariamente il compenso. È ingiusto e non amichevole». In un angolo in basso della scaletta C conservata in ACZ, Zavattini descrive a matita molti sketch possibili, tra i quali in rosso indica «La gelosa»: si tratta di un collegamento importante, poiché La gelosa diventerà un episodio del film collettivo Capriccio all’italiana, del 1968, con la regia di Monicelli, Steno, Bolognini, Pasolini, Rossi e Zac (si veda la scheda in questo volume).
Il film Sette volte donna, diretto da De Sica, esce nelle sale nel 1967, ed è molto fedele ai testi di Zavattini. I vari episodi si distinguono anche grazie a una soluzione grafica, perché all’inizio di ciascuno compare una scritta in sovraimpressione bianca, in corsivo, con il nome del personaggio dello sketch. La critica cinematografica definisce il film «Sette volte donna una satira della psicologia femminile» (Dessy 1966, p. 56). Molto contrastanti tra loro sono invece le opinioni di Fava e Tosi. Il primo, su «l’Espresso Sera», considera «chiuso il capitolo Zavattini-De Sica come binomio d’arte […] quest’ultima opera di De Sica segna nettamente, implacabilmente una fase di declino, non solo nella vivacità della fantasia, nell’umanità dei sentimenti che egli pone dentro i suoi personaggi, ma persino nella scelta del tema» (Fava 1967, n.n.). Tosi, invece, nota come in America il film abbia «ottenuto un notevole successo, tanto da contribuire in maniera determinante a fare assegnare a Shirley MacLaine il premio quale “migliore attrice dell’anno”, da parte della National Association of Theatre Owners. Il riconoscimento vale quanto un Oscar». Tosi plaude alla coppia Zavattini-De Sica per aver dato all’attrice «l’opportunità di sperimentare le sue molte vocazioni attraverso personaggi lontani e dissimili […] una galleria di personaggi che [mostrano], nella maniera più esplicita, la capacità di Shirley MacLaine di rappresentare le molte facce della donna di oggi» (Tosi 1967, n.n.).
Gambetti ricostruisce la differenza tra i film molto noti degli anni neorealisti, quelli legati all’inchiesta e al lavoro collettivo degli anni successivi, meno conosciuti e a volte non realizzati, e i film più «commerciali» come Sette volte donna: «quei film a Zavattini così cari, anche se – col grande metro del giudizio estetico – meno riusciti di quelli più famosi e più compiuti, hanno attirato le polemiche maggiori; i film più famosi, d’altronde (ricordiamo ancora il casolimite di Umberto D.), è stato il più delle volte difficilissimo realizzarli e non sono stati i film di maggior incasso; i successi commerciali più notevoli sono giunti molti anni dopo, per film meno importanti, almeno nei risultati, se non nelle impostazioni: Ieri, oggi, domani; Sette volte donna; I girasoli» (Gambetti 2009, p. 40).
MDM