Gina e Silvana sono le protagoniste. Sono due bambole, sono amiche e colleghe, ragazze forti e unite, lavorano assieme nel mondo dello spettacolo d’intrattenimento per adulti. Incontrano un uomo molto abile, vanitoso, piace a Silvana ma Gina lo disprezza. Inizialmente per gioco, poi per necessità, l’uomo corteggia entrambe, un’opera di doppia seduzione perché invidioso del rapporto che le due hanno, finché non riesce nel suo intento di allontanarle. Quando Silvana scopre il doppio gioco dell’uomo, consapevole di essere rimasta incinta, tenta di ucciderlo nel camerino e ritrova l’amicizia con Gina, ma sta iniziando il loro spettacolo e le due vanno in scena come se nulla fosse successo.
Dati d’archivio. Collocazione: Za Sog NR 3/1-3 contiene dattiloscritti (dove non indicato diversamente) tutti con correzioni ed inserti manoscritti: scaletta A) 3 pp., Le bambole. scaletta definitiva 7 nov. [1956], (le correzioni sono a più mani). Varianti di soggetto B) 4 pp., Le bambole (prima idea per il film Lollo-Mangano), datato luglio 1956; C) 18 pp., Primi appunti per il film Lollo-Mangano (20 agosto 1956); D) 15 pp., Primi appunti per il film Lollo-Mangano (20 agosto 1956), manoscritto. Varianti di trattamento E) 34 pp., Le bambole,; F) 47 pp., Lettera di accompagnamento di Ennio Flaiano (19 novembre 1956) e Le bambole: per Zavattini, edizione riveduta da [Ennio] Flaiano previ accordi come da scaletta (19 novembre 1956); G) 30 pp., Le bambole; H) 25 pp., Le bambole; I) 24 pp., Le bambole: Trattamento, Roma 5 dicembre 1956, (le correzioni sono a più mani); L) 34 pp., Le bambole: Trattamento, Roma, 5 dicembre 1956; M) pp., Le bambole: Trattamento, Roma 5 dicembre 1956, dattiloscritto senza correzioni; N) 30 pp. Le bambole, manoscritto; O) 61 pp., Le bambole, v. 3.
Le bambole è un soggetto corposo con diverse varianti, tre per il soggetto e nove per il trattamento. Ripercorrendo i testi, numerose sono le variazioni strutturali, riportiamo solo le più importanti. Soggetto A): molto scarno, di sole quattro facciate, racconta l’aspirazione al successo e la speranza di trovare «il grande amore» che causalmente porterà denaro nella vita delle due ragazze, la cui amicizia ipnotizza un uomo che sente il bisogno di dividere le giovani. Soggetto B): sono tre le espansioni nella narrazione: in apertura, si racconta la preoccupazione delle ballerine per il ricovero di una collega, ammalarsi e non potersi esibire per lo spettacolo serale infatti equivale a perdere il lavoro; inizia a prendere forma il personaggio dell’antagonista, un attore comico proprietario della compagnia, di cui viene descritta l’opera di seduzione che compie nei confronti delle due ragazze; l’ultima estensione vede il comico insistere perché Silvana si liberi del bambino in arrivo, minacciandola di non riconoscerlo come suo figlio. Soggetto C): è una copia del soggetto precedente, con qualche appunto di revisione in vista di un’ulteriore estensione; si aggiungono dettagli sulla vita passata delle protagoniste, sul viaggio che Silvana e Gina intraprendono verso Milano per trovare lavoro, marito, e per sfuggire alla povertà padana, come fanno anche molte loro compaesane. Il comico ancora non ha un nome, ma si definisce il suo carattere: egli è consapevole della propria insicurezza e dell’inarrivabile successo che brama, mentre maschera in maniera quasi esasperata le sue incertezze e mette in scena un comportamento giovanile e a tratti infantile.
Trattamento A): la trama ripresa dal Soggetto B) rimane invariata, diversamente dalle varianti di soggetto troviamo delle prime indicazioni sullo sguardo della macchina da presa, sui suoni e rumori che dovrebbero sentirsi, sui personaggi da inquadrare e su come dovrebbero entrare ed uscire dallo spazio ripreso. Per la prima volta viene usato l’appellativo «bambole», gridato da passanti casuali a Gina e Silvana. Il comico prende il nome di Lando. Accanto alle espansioni narrative marginali, il cambiamento più importante è nel finale. Silvana, infuriata con Gina e tradita da Lando, compra una rivoltella con l’intento di ucciderlo, sta perdendo il senno finché Gina, con le lacrime agli occhi, non supplica Silvana di abbandonare la rabbia, ricongiungersi affettivamente con lei e di non preoccuparsi troppo per il futuro, perché adesso è ora di andare in scena. Trattamento B), le carte sono datate 19 novembre 1956: questa stesura, accompagnata da una lettera, è una variante revisionata e corretta da Ennio Flaiano. Nonostante sia catalogato come trattamento, potrebbe essere ancora un soggetto, la lettera di Flaiano, infatti, recita: “Ti ripeto, io non sono stato ingaggiato per la sceneggiatura, quindi il mio compito finisce qui, alla consegna del soggetto, a meno che De Laurentiis non mi faccia sapere qualcosa in questi giorni”. A lato di queste carte ci sono i commenti manoscritti di Zavattini. La principale variazione apportata da Flaiano è la modifica del personaggio del comico: ora è un impresario, si chiama Diego, la prima volta lo vediamo in ospedale quando le ragazze salutano una collega ricoverata. Diego offre a Silvana e Gina un passaggio in macchina da Livorno a Pisa, invece di farle spostare in treno assieme al resto della compagnia. Si fermano al mare, fanno un bagno, restano vicendevolmente stupiti dai propri corpi e tra loro nasce una simpatia lusinghiera. Si scoprirà solo alla fine che Diego ha un passato da comico, prenderà infatti il posto di un attore della propria compagnia dopo averlo licenziato. Trattamento C), datato 5 dicembre 1956: è una versione di lavoro, passeggera, di trascrizione delle precedenti; è la prima stesura dove, accanto al titolo, Zavattini scrive e sottolinea «trattamento», secondo indizio che porta a presupporre che tutte versioni precedenti siano dei soggetti. Trattamento D), datato 5 dicembre 1956: in questo trattamento Zavattini compie lo sforzo di sintetizzare le narrazioni finora scritte, riduce la narrazione ai suoi passaggi principali, alcune scene minori le sposta cronologicamente nella storia senza cambiarne la trama. Si può ipotizzare che questa variante sia una versione di riflessione, utile per rileggere quanto scritto e ragionare su cosa migliorare. In effetti la data indicata è la stessa del trattamento precedente e manca il finale, come se Zavattini avesse valutato più conveniente ricominciare una nuova scrittura che continuare a lavorare sulle stesse carte. Trattamento E), anche qui la data è del 5 dicembre 1956: all’impresario viene dato il nome di Diego Mariani; ci sono diverse correzioni manoscritte, alcune a matita altre con una penna marrone. Come la precedente, la variante è incompleta: non è chiaro se la dettatura sia stata interrotta a metà di un periodo o se manchino delle carte originali in archivio, ma la storia si interrompe bruscamente ben prima del finale. C’è però un’espansione della trama, una digressione, nel momento in cui Silvana e Gina devono prendere un treno per raggiungere la compagnia teatrale. Estremamente interessante il dialogo tra le due, che incontrano delle vecchie compaesane del basso mantovano, con una loro reciproca stereotipizzazione: Gina e Silvana riconoscono le ragazze che prendono il treno in direzione Milano come «le mondine», mentre sono consapevoli di essere considerate «come delle puttane», nonostante nel loro mestiere esse non si concedano mai. Trattamento F), datato 5 dicembre 1956: le correzioni sono quasi nulle, lo stile di scrittura è meno colloquiale e più ricercato, pochissimi ancora i dialoghi; rispetto al finale Zavattini è ancora indeciso, continua a lavorare e a proporre conclusioni leggermente diverse. In questo caso, Silvana si sente morire di gelosia nel vedere il rapporto nascente ma decisamente affiatato tra Diego e Gina, quindi decide di scioperare e di non entrare in scena, beve un bicchiere di troppo, inizia a disperarsi; Gina interviene e vedendo una rivoltella nella borsa della compagna capisce che sta pensando di togliersi la vita. Nel finale le grida di Diego fanno da sottofondo alle due ballerine che non si esibiranno perché si abbracciano, piangono insieme e riscoprono l’amicizia perduta. Trattamento G), l’ultimo documento è datato 5 dicembre 1956: si tratta di un adattamento del trattamento precedente, lasciato incompleto e i cambiamenti sono quasi nulli, anzi, sembra che Zavattini su questa copia non abbia lavorato. Le uniche correzioni apportate sono state fatte a macchina come se, sotto dettatura, la segretaria riconoscesse gli errori di battitura e li correggesse in tempo reale. Trattamento H): tra le versioni finora redatte, questa è sicuramente la più definitiva; le cartelle sono pinzate con la graffettatrice, cambiano il font del testo e l’impaginazione generale, rendendo la lettura più scorrevole ed ordinata. Le correzioni sono quasi nulle, c’è una sola aggiunta, non fondamentale per la trama, ma importante per i percorsi tematici che introduce: quando Gina e Silvana salutano la loro collega ricoverata in ospedale (che non potrà esibirsi), c’è un dialogo di preoccupazione tra le due ballerine, che non si sentono rappresentate dai sindacati, con una conseguente incertezza sul loro futuro lavorativo e personale. Trattamento I): è questa l’ultima variante presente in archivio, l’unica custodita in una cartellina di cartone, che presenta sulla copertina una nota manoscritta «V. 3», come se fosse la terza versione del trattamento. Il lavoro è molto diverso dai precedenti: la trama è suddivisa in nove atti, si inseriscono i dialoghi, le descrizioni risultano approfondite. Va notato quanto la trama cambi rispetto alle otto varianti dove si espande gradualmente il racconto: in quest’ultima, oltre a raddoppiare il numero di carte dattiloscritte (da 30 a 62 pagine), ci sono importanti mutazioni narrative. Ad esempio, l’ambientazione è mondiale e non più italiana, non ci sono solo le avances di Diego ma anche quelle di altri pretendenti, le due amiche non si spostano più solo in treno ma utilizzano anche l’aereo, vengono catturate dalla malavita a Città del Messico, oppure in Costa Azzurra conoscono un giovane indiano miliardario che vuole prendere entrambe in moglie e una sera in un bazar si perdono e Gina si sente male in mezzo alla folla. Estremamente interessante il doppio percorso proposto da Zavattini, poiché se la narrazione differisce, in entrambe le proposte la conclusione è identica: Gina è morta, da sola, “con la leggerezza con cui un passerotto prende il volo”, ora Silvana è sola assieme all’impresario, che “le chiede se desidera una nuova compagna. Una dietro l’altra, le sciorina sul tavolo fotografie di ragazze perché Silvana scelga. Questa è una siamese, questa una spagnola, questa è americana…. Tutte belle tutte giovani, tutte seminude. Una esibizione di belle bambole pronte a prendere il posto della bella bambola che se ne è andata” (Trattamento I: 304-305).
Pubblichiamo il Soggetto A nel volume e online, mentre il Trattamento I solo online.
Il materiale presente nel fascicolo Le bambole è relativo ad un film che prevedeva la regia di Vittorio De Sica e l’interpretazione di Gina Lollobrigida e Silvana Mangano. Spesso accade che nelle prime idee per un film Zavattini assegni ai personaggi dei nomi finzionali e comuni, ad esempio Antonio e Maria; qui invece, sapendo in anticipo quali sarebbero state le attrici, Zavattini prevede l’omonimia delle protagoniste (Gina e Silvana), e delle qualità adeguate alle loro caratteristiche. Il soggetto è vasto e complesso: oltre ai macro-cambiamenti nella trama, è interessante commentare alcuni dettagli. La figura dell’impresario appare come controversa: sembra che si voglia rappresentare il classico tema dell’uomo corteggiatore e vanesio, facendolo però rientrare nello stereotipo dell’epoca. Nelle diverse varianti si legge quanto Lando (poi Diego) viva costruendo il proprio personaggio per conquistare le ragazze, vendendo così una rappresentazione di sé che non corrisponde al suo carattere: è infatti infantile, probabilmente insicuro, nasconde una natura triste ed infelice sotto una ambizione sfrenata di successo. Nonostante il suo mestiere sia l’attore comico, egli vive nella messa in scena di un personaggio che ostenta sicurezza ed autostima, quasi contro la sua stessa natura. Sembra paradossale se si considera che in questo soggetto Zavattini sta in effetti denunciando l’oggettificazione della donna (di spettacolo), e potrebbe tranquillamente incastonare il ruolo maschile in un’idea del tutto stereotipata. Un’altra riflessione riguarda il termine “bambole” e l’utilizzo che se ne fa. Innanzitutto, nonostante sia il titolo del soggetto, “bambole” è un vocabolo che non si trova spesso e quando che lo si incontra è quasi sempre accompagnato dalle virgolette. Questo espediente grafico sottolinea un’interpretazione del sostantivo specifica, con almeno due ipotesi: un modo di dire o una citazione. Nel primo caso, l’autore prende le distanze da questo termine, sottolineando che sta raccontando uno sguardo è un’epoca, non una sua valutazione; nel secondo caso, invece, Zavattini potrebbe citare i termini volgari e colloquiali degli uomini a lui contemporanei, che non fanno differenza tra l’arte dello spettacolo e la prostituzione. In entrambe le ipotesi, l’appellativo per le due sfortunate protagoniste diventa un emblema della società patriarcale che si sta raccontando. Per rafforzare questa interpretazione pensiamo allo studio etnografico che Zavattini conduce qualche anno prima insieme a Elio Petri, in vista della realizzazione di Roma ore 11 (diretto da De Santis nel 1951). C’è in quel materiale una chiara differenza tra la parola “girls” e i diversi appellativi scelti per riferirsi alle protagoniste: il termine inglese non sembra offensivo e viene utilizzato dalle ragazze stesse per indicare le giovani donne di un quartiere che in cambio di denaro esibiscono il loro corpo per poi, a volte, arrivare anche a concedersi. Nel soggetto Le bambole le altre attrici della compagnia teatrale di Gina e Silvana non hanno una loro storia, non si sa nulla della loro vita, sono semplicemente un gruppo di colleghe definito appunto “le girls”. L’appellativo offensivo è allora proprio quello di “bambole”, al quale le stesse “girls” ormai rispondono per abitudine e cortesia, perché è così che vengono definite dai loro aspiranti pretendenti. Nonostante le variazioni di trama nei soggetti e nei trattamenti siano numerose ed importanti, alcuni temi rimangono invariati. Tra questi troviamo: l’amicizia di Gina e Silvana, a tratti complicata, ma indispensabile e sempre presente; il finale, nelle sue varianti, che è sempre amaro: si alternano suicidio ed omicidio, ma la morte di un personaggio è invariante (spesso con l’utilizzo di una rivoltella); la città di Milano viene indicata come luogo utopico, dove raggiungere la stabilità economica prima lavorando poi trovando marito; e tuttavia non si cerca un mestiere preciso: se le giovani della bassa mantovana si accontentano di un’occupazione umile, è forte il desiderio di andare nella grande città per realizzare i propri sogni.
La lettura dell’epistolario tra Zavattini e De Sica porta una grande novità rispetto a questo progetto di film non realizzato: il soggetto originale de Le bambole risulta essere di Ennio Flaiano, scritto su richiesta del produttore De Laurentiis per la regia di De Sica e l’interpretazione di Gina Lollobrigida e Silvana Mangano. Lo stesso produttore designerà Zavattini per la preparazione del soggetto-trattamento: quasi per ripartire da zero, il primo soggetto di Zavattini, che risale a luglio del 1956, porta in effetti il sottotitolo descrittivo “prima idea per il film Lollo-Mangano). Trascriviamo alcuni stralci dalle lettere di Zavattini a De Sica (ACZ D499/269-271): “De Laurentiis e Steno mi telefonarono, come sai, per farmi intervenire nella stesura del soggetto Lollobrigida-Mangano. Ma dove trovo il tempo? L’idea che mi ha esposto Steno è commercialmente molto buona. Dovrà lavorare sodo per farla diventare buona anche negli altri sensi” (Lettera a De Sica del 4 luglio 1956). Successivamente, De Sica invia a Zavattini un telegramma: “Sono con Flaiano et Dino per varare progettato film Mangano Lollobrigida. Flaiano ha idea che sembrami molto buona ma lui stesso desidera e noi con lui tua indispensabile collaborazione al soggetto e sceneggiatura. Sono disposto a rinviare di poco Giudizio universale a condizione che tu trovi il tempo di collaborare subito con Flaiano. Ti ringraziamo tutti e ti abbracciamo” (telegramma a Zavattini del 17 luglio 1956, D499/90). Circa un mese dopo, quando Zavattini ha già iniziato a lavorare alla seconda versione del soggetto (datata al 20 agosto), ecco una lettera più esplicita: “Flaiano è stato molto generoso verso di me, dice che accetta preventivamente qualunque mio intervento, mutamento; che potrò fare e disfare come vorrò, senza limiti di sorta. Flaiano è uno scrittore vero, di talento e non un mestierante, come quelli che sai, e avrebbe potuto da solo svolgere la sua idea ottimamente. Ma se c’entro io, non per presunzione, ma per cento altre oneste ragioni, o risolvo a mio modo, a nostro modo, assumendomi effettivamente la responsabilità principale del testo, o mi ritiro (Lettera di Zavattini a De Sica del 4 agosto 1956, id.). Ma il progetto naufraga (il soggetto piace a De Laurentiis, ma non alla Lollobrigida). Una lettera di Flaiano a Zavattini del 10 gennaio 1957 indica che Flaiano è stato ricontattato, forse per lavorare sulla sceneggiatura una volta concluso il trattamento; Flaiano, che esce da una brutta influenza, scrive: “Benché soltanto la parola Bambole mi provochi un moto di vomito, tornerò presto a riesaminare la situazione, tenendomi a tua disposizione” (ACZ F331/11). Ma Zavattini, già a marzo dello stesso anno, si sfoga con De Sica lamentandosi del molto tempo perduto (e della poca abilità di De Sica nel rifiutare compromessi): “Ci sono dei casi nei quali può riscontrarsi una coincidenza di interessi pratici e artistici e dei casi no. Con Le bambole egli [De Laurentiis] sarebbe riuscito senza dubbio a realizzare un buon film di cui tu e io abbiamo bisogno oggi, nel 1957, dopo Il tetto. Le bambole ti avrebbe dato soddisfazioni materiali e il riconoscimento ancora una volta di certe tue straordinarie doti, e non ti avrebbe dato – né a te né a me – delle soddisfazioni nel senso di un nostro tipico insostituibile film […] Penso con tristezza ai nove mesi perduti con Le bambole. E come hai lasciato trascinare di qua e di là le nostre persone, la nostra fantasia, direi, accettando qualunque manipolazione di uno spunto dozzinale quasi che tu non sapessi più distinguere […] ciò che era nostro da quello che non lo era […] Abbiamo l’obbligo di cercare il successo, è vero, ma nella nostra linea” (Lettera di Zavattini a De Sica del 19 marzo 1957, ACZ D499/274). Gina Lollobrigida interpreterà qualche anno dopo un episodio in un film dallo stesso titolo (Le bambole, di Risi, Comencini, Rossi, Bolognini, 1964), che però non c’entra con il soggetto di Flaiano e Zavattini.