Episodio La gelosa. Silvana è una donna troppo gelosa. Un giorno, dopo una forte litigata con il marito, promette di smettere. La prima volta che prova a non monitorare ogni spostamento impazzisce. Lo segue, lo vede entrare in un palazzo, presa dal panico estrae una pistola e spara in aria. Il marito esce in mutande, era solamente dal sarto.
Dati d’archivio. Collocazione Za Sog R 18/1 contiene due soggetti identici: A) 8 pp. originali dattiloscritte con piccole note e correzioni sia manoscritte a penna che dattiloscritte, inoltre, nella prima pagina, il nome «Cesare Zavattini» manoscritto di fianco al titolo; B) 8 pp. originali dattiloscritte con piccole note e correzioni manoscritte a matita. In archivio non sono presenti altre scalette, trattamenti o sceneggiature.
Per quanto identici anche nelle correzioni, il soggetto B risulta essere la prima variante a cui segue una seconda variante, il soggetto A, che, rispetto a B, ha solo un ordine maggiore. Infatti, notiamo delle correzioni a matita in B (ad esempio p. 9) riscritte e reinserite allo stesso modo e nella stessa posizione, ma a macchina, nel soggetto A (p. 1), oppure note scritte a matita in B (p. 15) che si ritrovano scritte a penna nel soggetto A (p. 7).
Pubblichiamo nel volume il soggetto A, e online il soggetto B.
L’episodio La gelosa, scritto da Cesare Zavattini e diretto da Mauro Bolognini, confluisce nella parte finale di Capriccio all’italiana (film a episodi collettivo diretto da Monicelli, Steno, Bolognini, Pasolini, Rossi e Zac, 1968), prodotto da Dino De Laurentiis. Per quanto il film sia noto, l’episodio in questione, sul piano storico-critico, pare occupare una posizione particolarmente periferica sotto due aspetti differenti: quello interno al lavoro autoriale di Zavattini e quello relativo al lungometraggio stesso. Nel primo caso, è indicativo del ruolo marginale che assume la scrittura dell’episodio l’assenza di riferimenti al progetto nei diari e nelle lettere di Zavattini, con pochi accenni nella corrispondenza con il produttore De Laurentiis. Negli stessi anni – quelli dopo l’uscita de Il boom (De Sica, 1963), Ieri, oggi, domani (De Sica, 1963) e Matrimonio all’italiana (De Sica, 1964) – Zavattini lavora ad alcuni progetti che consolidano una rinnovata collaborazione con De Sica. Nelle corrispondenze con De Laurentiis il soggetto che negli anni sessanta occupa più spazio è quello per Le streghe, un film a episodi collettivo diretto da Visconti, Bolognini, Pasolini, Rossi e De Sica (1967), per il quale Zavattini scrive molte lettere al produttore in cui elabora idee e ipotesi (D 170/30-37); del soggetto in questione si trova traccia ufficiale solo in una lettera di Guglielmo Ambrosi, per conto di Dino De Laurentiis Cinematografica SPA, datata 6 settembre 1966, in cui si informa dell’invio di «una copia della sceneggiatura de La gelosa» (D 170/16). Tuttavia, come già indicato nella scheda raccolta in questo volume, nella scaletta C del film Sette volte donna (De Sica, 1967) conservata in ACZ (Za Sog R 51/2), Zavattini iscrive tra gli sketch possibili anche il titolo La gelosa, a dimostrazione che il soggetto è già esistente (almeno in nuce) in data 15 gennaio 1966.
Rispetto alla relazione tra il soggetto e il film Capriccio all’italiana, l’episodio La gelosa diventa marginale nella storiografia critica in quanto messo in ombra dal più noto episodio diretto da Pier Paolo Pasolini Che cosa sono le nuvole?, ultima apparizione cinematografica di Totò (in coppia con Ninetto Davoli). Ricordiamo che Totò in quegli anni collabora più volte con Pasolini – anche in un episodio di Le streghe (si veda la scheda in questo volume) – il quale, affascinato «dalla cultura popolare italiana», si serve «della presenza dell’inimitabile clown con tutto il bagaglio che questa si portava dietro, per illustrare un discorso proprio [con] una sorta di postremo omaggio non solo all’ultimo clown, ma anche a tutto il suo mondo» (D’amico 2021, p. 313).
A sostenere l’ipotesi che La gelosa ricopra un ruolo secondario in Capriccio all’italiana, è anche il non coinvolgimento di Silvana Mangano: la diva appare in tre episodi – La bambinaia diretto da Monicelli, Perché? diretto da Bolognini e Viaggio di lavoro diretto da Zac e Rossi –, ma non in quello scritto da Zavattini (diretto ancora da Bolognini), mentre il riferimento alla protagonista, chiamata proprio Silvana nel primo soggetto, lasciava intendere un preciso interesse nei confronti dell’attrice.
Come dicevamo, anche nel film Le streghe è prevista la presenza della Mangano come protagonista di tutti gli episodi, tra cui quello scritto da Zavattini, Una sera come le altre. Possiamo quindi ipotizzare che l’episodio La gelosa fosse uno “scarto di lavorazione” di quel film. Secondo Bocchi e Pezzotta (2008), gli sketch rimasti nel cassetto che De Laurentiis riutilizza in questo film sono solo Perché?, La bambinaia e Viaggio di lavoro, ovvero i tre episodi con Silvana Mangano protagonista. Eppure, ad avvalorare la nostra ipotesi è un appunto scritto a mano nei materiali d’archivio: il titolo La gelosa compare infatti, assieme ad altri, sul retro della copertina della sceneggiatura E dell’episodio Una sera come le altre (Za Sog R 55/5).
L’episodio La gelosa viene diretto da Mauro Bolognini e interpretato da due attori la cui presenza attira l’interesse della stampa. Bolognini inizia a girare il film il 17 gennaio 1967 a Milano, e nella cronaca arrivano i primi racconti di un progetto riportato con il titolo provvisorio «Capriccio italiano» 1. I due protagonisti sono Ira Fustemberg – al suo secondo film italiano dopo Matchless (Lattuada, 1967) e a un anno dal suo esordio sul set – e il divo Walter Chiari. Il film viene girato in un appartamento, ma ci si sofferma soprattutto a evidenziare il Piper, cioè il locale di ambientazione della prima scena, che coinvolge un «nutrito e vivace gruppo di teen-agers scatenati nei balli modernissimi». Capriccio all’italiana esce nelle sale l’anno successivo e forse l’eterogeneità del progetto nuoce all’episodio La gelosa. Il risultato complessivo rimane comunque testimone di una fase cruciale dei film a episodi, che in quel decennio avevano segnato la storia del cinema italiano attraverso «vistosi processi di frammentazione [che] colpiscono l’intreccio tradizionale del film» (Canova 2002, p. 115), così da richiedere allo spettatore «una fondamentale discontinuità dello sguardo» (Villa 2003, p. 252). Un filone, e una moda, che raggiunge dei picchi tra il 1964 e il 1965, e che con film come Le streghe e Capriccio all’italiana vede una sua istituzionalizzazione, con un «sempre più frequente coinvolgimento di grandi firme autoriali» (Canova 2002, p. 116). Non è un caso infatti che l’episodio più celebre sia Che cosa sono le nuvole? di Pasolini, con cui il regista «entra di forza in quel mondo del cinema nel quale egli continuava a restare sostanzialmente estraneo e inintegrabile» (De Giusti 2002, p. 86). L’episodio di Zavattini, invece – pur condividendo con quello di Pasolini i temi dell’invidia e della gelosia (affrontati nella rivisitazione dell’Otello) – non rimane impresso né nella sua filmografia né in quella di Bolognini, e viene ritenuto dalla critica quasi una barzelletta, meritevole di essere ricordato solo per questioni di costume (Bocchi, Pezzotta 2008) dei giovani che danzano freneticamente nella prima scena dell’episodio.
Passando a un confronto tra l’episodio di Bolognini e il soggetto di Zavattini, la storia perde la colorata e ironica descrizione del racconto iniziale di Silvana come «campionessa della gelosia» (soggetto A, p. 2), così come i cinque brevi lampi previsti dal soggetto a proposito del passato della protagonista. Le dinamiche tra lei e Paolo (non più Giovanni) – come per esempio il fatto di averlo obbligato a trasferire l’ufficio in casa – vengono mostrate indirettamente. L’episodio inizia in una sala da ballo, non più al cinema, e il fatto che scatena la gelosia della donna è l’essersi trovati a ballare con persone più giovani. Possiamo notare, già nella prima parte, che nell’adattamento viene sacrificato il tono surreale del soggetto, in cui una donna è gelosa addirittura di un’attrice proiettata sullo schermo. I rapporti tra i protagonisti rimangono però gli stessi, con le scene del litigio, del tentativo di suicidio e dell’accordo del giorno dopo, anche se rispetto al soggetto l’uomo sembra più innamorato della moglie. Quando Silvana decide di seguirlo non lo fa più in taxi, ma in metro e a piedi, e dentro il palazzo gli spari di pistola fanno uscire dapprima lui, poi gli altri abitanti. La scritta «fine» compare sulla chiusura della porta con la dicitura «sartoria».
AS