La famiglia Moroni è molto ricca e rigida nella gestione dei matrimoni delle figlie e della eredità di famiglia. La primogenita, Giulia, è sposata con un impiegato della ditta di famiglia e lo stesso accade per la più giovane, Carla. Il nuovo marito, Ernesto, decide di aprire in segreto, assieme al cognato, un’attività in proprio, per non dipendere dalla ricchezza delle mogli. Dopo un primo successo, l’attività fallisce per colpa del suocero. Anche la famiglia Moroni cade in disgrazia, per una trama di Ernesto. Il quale riesce a mantenere tutta la famiglia e a far capire ai Moroni i loro errori, riconquistando la moglie.
Dati d’archivio. In ACZ , alla collocazione Za Sog R 36/1 troviamo il faldone Il marito povero che contiene varianti di soggetto dattiloscritte con note, correzioni manoscritte e schizzi autografi. Il soggetto A) è di 15 pp. con correzioni manoscritte, note e schizzi autografi; il soggetto B) di 19 pp. presenta correzioni e note manoscritte. La terza variante di soggetto C) è formata da 11 pp. con correzioni dattiloscritte (p. 42 è dattiloscritta sia fronte che retro). Il soggetto E) di 19 pp. porta il titolo Il marito povero e presenta note autografe. Catalogata come Za Sog R 36/2 si trova una variante di sceneggiatura di 274 pp., con note e correzioni manoscritte. Quella catalogata (erroneamente) come variante di soggetto D, con correzioni manoscritte e schizzi, è invece una variante del soggetto per il film Cinque poveri in automobile (si veda la scheda relativa in questo volume), con titoli provvisori: L’automobile dei poveri; I poveri in automobile. L’ordine cronologico dei soggetti è A, B, E, C. I soggetti A e B sono ricchissimi di disegni e notazioni manoscritte, quelle presenti in A diventano inserti dattiloscritti nel B. In queste prime versioni le figlie della famiglia Davidi sono tre, così come i cognati. La spiegazione del fallimento dell’azienda dei cognati viene rivelata quando Ernesto decide di andarsene e non alla fine del racconto. Il soggetto E integra tutte le note manoscritte del soggetto B, insieme ad altri inserti (in particolare nelle ultime cinque pagine), mentre il soggetto C è una variante che copia il soggetto E riportandone però le correzioni manoscritte. In E e C le sorelle sono due, così come i cognati e la spiegazione del fallimento della ditta è rivelata solo alla fine. Nel soggetto E una pagina di copertina presenta la lista dei personaggi, con nome ed età, e la famiglia borghese si chiama ancora Davidi, mentre già nella prima pagina dello stesso soggetto il cognome cambia in Moroni, e così viene trascritto nella variante C. I primi due soggetti spiegavano le motivazioni di Ernesto dopo aver capito l’origine del fallimento della sua ditta, mentre nelle ultime versioni Zavattini elimina i passaggi chiarificatori, inserendo elementi metadiscorsivi come la frase: «E allora, si domanderà il lettore e lo spettatore, che cos’è stato questo improvviso cambiamento di umore di Ernesto? […] Lo sapremo alla fine del film» (Soggetto E, p. 71). La sceneggiatura presente in archivio è rilegata e completa, con poche note manoscritte. La famiglia cambia nome in Ribera; Ernesto e il cognato non sono benvoluti dall’industriale in quanto poveri, ma come nei soggetti precedenti il protagonista si arricchisce e finisce per mantenere l’intera famiglia, nel frattempo caduta in disgrazia perché i Ribera hanno perso tutto a causa di una cattiva speculazione del padre. Dopo aver fatto loro capire cosa vuol dire vivere da poveri, Ernesto li fa tornare, stupiti, in quella che era la loro bella villa.
Pubblichiamo il soggetto C nel volume, e i soggetti A e B online.
Dalle note d’archivio. Possiamo ricostruire le varie collaborazioni alla realizzazione del film Il marito povero per la regia di Gaetano Amata. Cesare Zavattini è l’autore unico del soggetto e alla sceneggiatura hanno collaborato Gaetano Amata, Sergio Pugliese, Adolfo Franci, Margherita Maglione, Vittorio De Sica. I principali interpreti del film sono Vivi Gioi, Leonardo Cortese, Clelia Matania, Camillo Pilotto e la produzione è Di Pinto Film. In ACZ con collocazione Za C 22/1 sono conservati svariati ritagli di giornale con recensioni al film Il marito povero, uscito il 20 giugno 1946. Su «Film d’oggi» del 19 gennaio 1946, Guerrini racconta di quanto la luce sia razionata a Roma durante l’inverno, momento in cui stanno avvenendo le riprese del film. Per ovviare a questo problema il produttore e l’équipe si accordano per girare di notte, quando la luce artificiale è costante e manipolabile, così da avere un’immagine illuminata in modo uniforme. Scrive Guerrini (1946, n.n.): «quello che ci sembra più interessante in questo film di Zavattini, sono gli spunti di vita popolare che qua e là affiorano, senza però incidere troppo sullo sviluppo forzatamente limitato della vicenda». Nella rivista «Rasta» del 4 gennaio 1946 si pubblica una sinossi de Il marito povero scritta da Zavattini, anche per dimostrare che è una storia dal senso morale, dove il racconto non è mai fine a sé stesso. La trama è pressoché identica a quella che pubblichiamo nel nostro volume, con il nome della famiglia borghese diventato Ribera, come nella sceneggiatura. L’unica differenza consiste nell’assenza del personaggio della madre del protagonista: viene perciò a mancare la dimensione affettiva di Ernesto nei suoi confronti, nonché la scena finale della cena presso la sua casa.
In ACZ , il fascicolo che conserva le varianti di soggetto e sceneggiatura presenta una copia incompleta di una lettera che Zavattini indirizza a Lanocita il 12 dicembre 1946, in cui si racconta la genesi de Il marito povero: scopriamo che il soggetto è stato scritto nel 1939 e venduto l’anno successivo. Originariamente il protagonista Ernesto doveva essere interpretato da De Sica, ma Zavattini precisa che se l’avesse scritto ora (nel 1946) l’avrebbe fatto in maniera molto diversa. Nella lettera a Lanocita, Zavattini riassume la trama del soggetto e spiega che il suo racconto, al contrario del film, «sulla carta era ed è conseguentissimo e forse non banalissimo. Mi premeva giustificarmi presso di te […]. Io ho scritto decine e decine di soggetti, più o meno buoni. Ma non ne ho scritto uno solo che non sia costruito secondo le regole fondamentali dello spettacolo e della logica. E qui dovrei scriverti pagine e pagine di lamento sui miei rapporti con il cinema, sul molto che credo di aver fatto e sul niente che mi resti in mano. […] È la sorte degli scrittori del cinema in un paese dove la cinematografia è commercio prima che industria. Del resto, mi convinco sempre di più che il cinema si fa facendo il cinema e cioè la regia […]. Tutte le altre forme di collaborazione, specie il soggetto, sono al di qua del cinema, per tante ovvie ragioni. C’è quindi una figura più infelice del soggettista? Il suo è sempre un coito interrotto» (p. 2). Nei Diari di Zavattini recentemente pubblicati si legge questa sua nota del 15 luglio 1945, che riepiloga i molteplici lavori in corso di quegli anni: «la mia sofferenza è non la mancanza, ma l’abbondanza di lavoro. Quanti progetti che sfumano. E se rincretinissi? Avrei una lunga vecchiaia tutta dedita al rimpiangere ciò che non ho fatto. I lavori ora in piedi sono: Soggetto Il diavolo e la signora Pons (da stendere non oltre 48 ore); Sceneggiatura del film 1944 di Blasetti (da finire a fine agosto); Consulenza sceneggiatura Il diavolo e la signora da finire entro agosto; Consulenza film De Sica dei ragazzi, da finire entro agosto; Consulenza San Francesco da finire entro agosto; Sceneggiatura film Bregione del cantante da finire entro agosto; Impianto affare 5 poveri in automobile; Impianto affare Marito povero; Impianto affare Alida Valli con Ribulsi e Sinibaldi; L’uomo che aspettava il treno» (Zavattini 2022a, p. 108). Il film «dei ragazzi» è probabilmente Sciuscià: per quest’ultimo, per Cinque poveri in automobile e Il diavolo e la signora Pons (o meglio L’angelo e il diavolo), rinviamo alle schede in questo volume.
MDM