Don Antonio, parroco di paese, è molto goloso e non vede l’ora di mangiare delle uova con il tartufo. Questa impazienza lo fa essere sbrigativo coi parrocchiani, che liquida in poco tempo. Lo scaccino e la serva lo fanno però sentire in colpa, al punto da rovinargli la tanto agognata cena. Il giorno dopo ha bevuto troppo e non ha digerito bene, non riesce a dire messa e si sente molto in difetto, al punto da andare a immergersi con un gesto eclatante nel fiume del paese.
Dati d’archivio. Collocazione: Za Sogg. NR 11/3 contiene: soggetto come pubblicato su L’eco del cinema e dello spettacolo, 15/5/1954, p. 4. Za L 71/3 contiene: copia del soggetto A, dattiloscritta con note manoscritte.
Il soggetto originale è in due copie dattiloscritte. Una delle due ha delle correzioni manoscritte di sintesi solo nella prima pagina, oltre alla dicitura, sempre manoscritta Al Macero, a indicare la possibile destinazione letteraria del soggetto rivisto. Il soggetto, senza quelle correzioni, è stato pubblicato nel maggio del 1954 nel numero 72 de L’eco del cinema e dello spettacolo. Sono presenti due copie della rivista: sulla copertina di entrambe è riportata la nota manoscritta in rosso Il prete goloso, mentre su una sola delle due il titolo è sostituito a matita con Il prete. Si tratta probabilmente di titoli alternativi ideati da Zavattini dopo la pubblicazione del soggetto sulla rivista.
Pubblichiamo l’unico soggetto nel volume e online.
Il soggetto racconta le vicende di un prete, figura significativa in alcuni soggetti di Zavattini, dal non realizzato Storia di un sacco di farina del 1944 fino al seminarista dell’episodio Mara, scritto per Ieri, oggi, domani, del 1963. Questi “pretini” sono insicuri e timorosi, quasi dei Don Abbondio; hanno una vocazione che va rinsaldata e spesso sono gli altri personaggi a decidere per loro e a salvarli. In questo caso Don Antonio inizia un gesto estremo, l’immersione prolungata nell’acqua notturna lo porterebbe alla morte, per poi ripensarci e confessarsi. Come spesso capita con i soggetti non realizzati, non è chiara la motivazione del ripensamento; si può ipotizzare la codardia, coerente con la caratterizzazione descritta poco sopra e con il modo brusco con cui scaccia i paesani accorsi per aiutarlo. I preti nei racconti di Zavattini rivelano talvolta una particolare umanità, burbera e orgogliosa, ma anche capace di gesti inaspettati, e si potrebbe mettere a confronto con il Don Camillo dei romanzi di Guareschi, allievo di Zavattini nel suo periodo da istitutore. Ricordiamo che Zavattini, nella sua attività di pittore, dipinge spesso preti e “pretini”, e ragiona sulle motivazioni di questa ossessione nelle pagine del suo racconto Viaggetto sul Po (contenuto in Straparole, ora in Zavattini 2001: 727-751). Lo ricorda anche in una lettera a Bompiani del 1963: “un inciso: perché sempre i preti; cioè perché dipingo sempre i preti; e come mai con tanto amore figurativo, dell’immagine, ho così poco combattuto per il figurativo nel cinema riducendomi – in apparenza – nell’ambito dei puri contenuti?” (Lettera del primo dicembre 1963, ora in Zavattini 2005: 934). Ma già nel 1960 spiegava, nel suo Diario cinematografico: “Mi è facile disegnare un prete con tante variazioni: la linea ha una sua propria legge, di cui tu sei uno degli innumeri relatori, al di fuori delle sostanze esiste quindi un mero destino tecnico?” (Zavattini 2002: 443).