Giovanni, un giovane di paese venuto in città, si fa assumere come detective privato e viene mandato in un grande stabilimento dolciario dove dovrebbe rubare dei segreti industriali. Ma è una brava persona, costretta a fare il bugiardo per professione, e poiché si innamora della manager dell’ufficio pubblicitario della ditta cambia incarico e viene assunto da parte di tre nipoti “grassoni” di un vecchio ricco e misantropo, di cui diventa il cameriere. Qui trova il modo di riavvicinare la manager e di far fallire il controllo dei nipoti sul testamento del vecchio.
Dati d’archivio. Collocazione: Za sog NR 1/1 contiene: Soggetto A di 39 pp., che qui pubblichiamo. Il Soggetto A è l’unica versione, già edita in Caldiron (2006: 40-54). Nessuna correzione fatta a mano, tranne la cancellazione con un tratto di penna di tre pagine replicate per errore.
Racconta Paladini (1951: 356): “nel ’36 Arturo Tofanelli invitò Zavattini a scrivere un soggetto in cui fosse possibile introdurre la pubblicità di qualche importante Casa industriale. Nacque così il soggetto dell’Agenzia Volpe […in cui] la pubblicità serviva da pretesto per descrivere la vita e le stravaganze d’un vecchio ricchissimo […]. Da notare che mentre Zavattini rivolgeva la sua attenzione di scrittore ai giuochi amati dai poveri (I poveri sono matti è del ’36), […] sviluppava puntualmente la contropartita in questo soggetto […] dove l’orgoglioso disprezzo dei ricchi, l’egoismo e la crudeltà che così spesso si accompagnano al nudo possesso del danaro, vengono configurati come la premessa indispensabile a quei bizzarri passatempi”.
Spiega Caldiron (2006: 54) che “Tofanelli è, con Raffaele Carrieri, Domenico Cantatore, Sergio Solmi, Alfonso Gatto, Leonardo Sinisgalli, uno degli amici della stagione milanese”. Il soggetto di Agenzia Volpe, per la sua incompiutezza sembra “introdurci nel laboratorio del soggettista in formazione. […] è un divertissement a spese delle agenzie di investigazione, topos ricorrente nella narrativa popolare, con il grande capo dal linguaggio sentenzioso, gli agenti svagati, i rapporti stesi in stile letterario, i clienti che escono cantando dagli uffici. Il gioco del doppio, che, assieme a scambi di persona, piccoli equivoci, farseschi inseguimenti, anima la vicenda, diventa decisamente doppio gioco, mettendo in scena lo spionaggio industriale all’interno di una fabbrica di caramelle. Il riferimento alla pubblicità […] è uno degli aspetti più originali del soggetto […] Gli umori e gli estri di altri soggetti, in cui sono fondamentali le gag visive d’impatto immediato, si diluiscono qui in una tessitura da commedia stravagante e picchiatella, ma non priva di risvolti sentimentali” (Caldiron 2006: XIII).