Roma, 12 novembre, durante la Seconda Guerra Mondiale. Alla modesta pensione Danesi della signora Clara arriva Vittorio Rosaduca, sottufficiale della Benemerita che teme i nazi-fascisti. L’uomo, originario di Campobasso, inizia una relazione clandestina con la giovane cameriera Giuseppina. Nel mezzo di accuse di spionaggio tra i vari personaggi della pensione (la zitella Sogliardi, il vecchio Rampini, la giovane cameriera ebrea Bettina, il napoletano Frilli, il milanese Bignami e l’emiliano Pastorino), irruzioni della polizia e un tentativo di sabotaggio ai danni dei tedeschi, Rosaduca si trova a rivelare il suo passato misterioso. Dopo lo sbarco di Anzio, nel finale l’uomo riuscirà a spedire Giuseppina, che nel mentre ha sposato e dalla quale aspetta un figlio, presso la sua famiglia a Campobasso. Lui invece sarà arrestato perché nel suo passato militare ha ferito un tenente per vendicarsi di una licenza non data, chiesta per la madre in punto di morte.
Dati d’archivio. Collocazione: Za Sog NR 26/6 contiene due varianti di soggetto dattiloscritte senza correzioni A) 20 pp., Roma 12 novembre; B) 28 pp., Il ribelle. Primo schema per la stesura di un eventuale soggetto cinematografico, sulla base di una innegabile trovata di produzione.
Pubblichiamo nel volume il Soggetto B, composto da 29 cartelle dattiloscritte con copertina manoscritta in fronte e retro, inclusa una sorta di mappa concettuale; sulla prima pagina del soggetto è indicato “Primo schema per la stesura di un eventuale soggetto cinematografico, sulla base di una innegabile trovata di produzione”. Pubblichiamo online il soggetto A, di 20 cartelle dattiloscritte, con rare variazioni manoscritte alla punteggiatura riportate nel soggetto B, ma alcune variazioni nel racconto (si veda il paragrafo successivo). Altre variazioni del soggetto B sono le seguenti: da pag. 3 “Bignone” diventa “Bignami”; a pag. 6 la signorina Sogliardi viene chiamata signorina Gagliardo. Rispetto al soggetto A, in B il passato oscuro di Rosaduca è spiegato meglio; a pag. 47 si aggiunge una frase rispetto al soggetto A: “La padrona corre a destra e a sinistra, per elencare le sue benemerenze”; nel finale viene eliminato il paragrafo in cui si accusa Rosaduca di aver fatto la spia.
Pubblichiamo nel volume e online il soggetto B, online il soggetto A.
Come scrive Nicoletta Zavattini (pag.41), del soggetto non si conosce la data, ma dato il tema post-bellico lo si può facilmente collocare alla fine degli anni Quaranta.
Cirillo ricorda che il periodo a cavallo del 1943 è particolarmente prolifico: “Da un lato Za vive in questo momento <una specie di eccitazione evangelica>, di grande interesse e impegno verso il prossimo, dall’altro, in una fase di grande ricchezza creativa, scrive soggetti per tutti, da Bragaglia a Blasetti a De Sica” (in Zavattini 1991 [2001]: XXVII).
Notiamo che i due soggetti differiscono anche per una breve e crudele scena che viene parzialmente asciugata nel soggetto B, riguardante la deportazione degli ebrei da parte dei nazisti: il brutale arresto viene osservato alla finestra dalla cameriera Bettina e suo padre, ebrei nascosti nella pensione sotto falso nome. Nel soggetto A si legge: “i tedeschi ammassano gli ebrei nel camion e li colpiscono con calci e pugni. Qualcuno cerca di reagire il che provoca più crudeli offese. Bettina ha visto, attraverso le persiane, il volto di un fanciullo ebreo rigarsi di sangue” (soggetto A: 3). In questa scena è proprio Rosaduca che riesce a fermare la ragazza dal “correre in difesa dei suoi fratelli”, evitando così che lei e suo padre diventino “due nuove vittime [dei] nazisti” (ib.).
Una lettera di Zavattini a Ponti del 1944 conservata presso l’Archivio Zavattini, dattiloscritta e con alcune correzioni a mano, contiene un soggetto di nove pagine di struttura narrativa e personaggi molto simile, che appare con buona probabilità come una versione precedente, meno approfondita nella psicologia del protagonista e nei personaggi secondari, a quello che pubblichiamo nel volume. Il protagonista che si rifugia nella pensione è un ragazzo di nome Rivolta, col segreto di essere evaso di prigione grazie a un bombardamento (era in carcere per un furto finito male con la morte accidentale del derubato). Rivolta diventerà una spia presso i tedeschi per tentare di rifarsi una vita al nord, denunciando un avvocato che lo riconosce e fa parte della resistenza (alla quale, in effetti, ha iniziato a dare una mano anche il ragazzo). Rivolta finirà per innamorarsi della servetta che ha messo incinta e farà partire lei per il Nord, anche con l’aiuto della ragazza ebrea che si nasconde alla pensione assieme al padre, mentre lui andrà a costituirsi alla polizia nonostante il trambusto generale per l’arrivo imminente degli americani a Roma.
La lettera a Ponti inizia però dicendo: “ecco le quattro paginette da te chieste le quali sono il riassunto, per la verità troppo affrettato, del soggetto di Castellani che a me sembra costruito solidamente con numerose accortezze e finezze. Ha un difetto, uno solo, a mio modesto avviso, la cui correzione ho tentato di accennare in queste pagine. Si tratta del carattere del protagonista che nella prima edizione non è amabile e che io credo debba essere amabile, malgrado le sue colpe, sia per ragioni morali, sia per ragioni spettacolari” (Lettera di Zavattini a Ponti del 14 novembre 1944, ACZ P533/11). Zavattini ha quindi riscritto e trasformato un primo soggetto di Renato Castellani (rimasto un film mai realizzato), e si preoccupa di spiegarlo: “Vorrei sostenere a voce la mia tesi, qualora Castellani la prenda in considerazione, essendo queste poche pagine, abborracciate per le brevi ore da te concessami, forse insufficienti a sostenerla” (id.), e ancora: le “pagine scritte […sono] una semplice indicazione” (note a mano in calce alla lettera).