In una casa come tante, due coniugi borghesi stanno cenando. Silvana, la moglie, è innervosita dalla mancanza di considerazione del marito. Viaggia con l’immaginazione per vendicarsi: lo offende, gli spacca un piatto in testa, si getta dalla finestra per farlo preoccupare, lo ammazza, lo tradisce. Ma nella realtà rimane in silenzio, cercando spunti per litigare che non trova a causa della sonnolenza del marito.
Dati d’archivio. Collocazione Za Sog R 55/1-6 contiene una scaletta e quattro stesure di sceneggiatura di un episodio del film collettivo Le streghe (Bolognini, Rossi, Visconti, Pasolini, De Sica, 1967), dal titolo La strega bruciata viva, diretto da Visconti, alla cui scrittura Cesare Zavattini ha contribuito partendo da un soggetto di Giuseppe Patroni Griffi. Inoltre vi sono cinque soggetti, due scalette e otto varianti di sceneggiatura (più una correzione) dell’episodio Una sera come le altre diretto da De Sica a partire dal soggetto a firma di Zavattini. Nella prima cartella (Za Sog R 55/1) è presente una scaletta incompleta di 10 pp. originali dattiloscritte dell’episodio diretto da Visconti con manoscritto in rosso sulla prima pagina il titolo Le streghe – “La strega bruciata viva” (p. 1). Nella seconda cartella (Za Sog R 55/2) sono presenti quattro varianti di sceneggiatura dell’episodio La strega bruciata viva, con numerose revisioni a mano probabilmente sia di Visconti (o di altri collaboratori) sia di Zavattini: sceneggiatura A) 59 pp. dattiloscritte con correzioni a matita, penna nera e pennarello rosso; B) 68 pp. dattiloscritte con contenute correzioni a matita; C) 101 pp. dattiloscritte, porta in intestazione oltre al nome di Visconti quello di Giuseppe Patroni Griffi e la data 30 dicembre 1965, con note e correzioni a matita e penna nera, con camicia originale rossa sulla quale sono riportati altri appunti e schizzi a penna; D) 28 pp. Dattiloscritte con poche note manoscritte, intestato nella prima pagina come «prima stesura» (p. 228) e il titolo La strega di papà, con un racconto molto diverso dagli altri (protagonisti Vittorio e Silvana), datato 1966. Nella terza cartella (Za Sog R 55/3) sono presenti, invece, i cinque soggetti dell’episodio Una sera come le altre diretto da De Sica: A) 7 pp. dattiloscritte con una correzione manoscritta a matita e una dicitura che recita «ultima versione del 18/11/65 […] Superata» (p. 1); B) 7 pp. dattiloscritte con correzioni manoscritte e una nota nella prima pagina: «penultima copia […] superata […] 23/11/65» (p. 8); C) 7 pp. dattiloscritte con numerose note e correzioni manoscritte a matita e penna blu, nella prima pagina una nota indica: «penultima copia […] superata […] 24/11/65» (p. 15); D) 7 pp. dattiloscritte, tagliate in alto a sinistra, con note e correzioni manoscritte a penna rossa e la dicitura in prima pagina «ultima copia […] 25/11/65» (p. 22); E) 7 pp. originali dattiloscritte con poche correzioni manoscritte a penna nera e blu e la dicitura in prima pagina «ultima copia […] 26/11/65» (p. 29). La quarta cartella (Za Sog R 55/4) contiene due scalette identiche del soggetto a firma di Zavattini, di 16 pp. dattiloscritte. Nella quinta cartella (Za Sog R 55/5) sono presenti le prime cinque varianti della sceneggiatura dell’episodio Una sera come le altre: A) 49 pp. dattiloscritte con note manoscritte a matita e penna blu, rilegate nella camicia ufficiale con il titolo e la dicitura «superata»; B) 62 pp. originali dattiloscritte con numerose note e correzioni manoscritte a penna nera e il titolo riportato a penna blu; C) 65 pp. dattiloscritte (anche le note e correzioni), datata in prima pagina «5/01/65» (p. 112); D) 63 pp. dattiloscritte con poche correzioni manoscritte a penna rossa e datate 9/12/65; E) 57 pp. dattiloscritte con note e correzioni manoscritte a matita, datate 8/12/65 e rilegate nella camicia rossa originale sulla quale è riportato manoscritto il titolo dell’episodio, e nel retro appunti e schizzi. Nella sesta cartella (Za Sog R 55/6) le versioni della sceneggiatura presentano altre tre varianti e un documento con correzioni: F) 56 pp. dattiloscritte con numerose note e correzioni manoscritte datata 9/12/65; G) 61 pp. dattiloscritte con poche note e correzioni manoscritte a matita, rilegata e segnata come «copia superata» (p. 57), datata 9/12/65; H) 58 pp. dattiloscritte datate 6/12/66, indicata come «copia ultima» (p. 118) e con un titolo modificato in Una sera come un’altra, per un episodio segnato come secondo rispetto al film. Infine, nella stessa cartella, sono presenti «correzioni dettate alla segretaria di A. De Laurentiis il 23/2/66» (p. 176), 5 pp. dattiloscritte con qualche correzione manoscritta a matita.
L’ordine genetico dei soggetti disponibili emerge con evidenza grazie alle date manoscritte nella prima pagina di ogni documento, ma anche per l’evoluzione del racconto. Con buona probabilità la prima variante è il soggetto A, datato 18 novembre del 1965. Successivamente, il 23 novembre, nel soggetto B Zavattini aggiunge un nome al marito (che diventa Carlo), e si amplia il discorso su cosa fare dopo cena (eventualità che non si realizza per la sua pigrizia); inoltre viene aggiunto un riferimento alla domestica, e la scena immaginaria del suicidio viene spostata dall’inizio alla fine della storia, diventando così l’ipotesi (tutta mentale) che fa scoppiare Silvana in lacrime. Il giorno successivo, il 24 novembre, il soggetto B viene ripreso nel soggetto C con una serie di correzioni e di aggiunte sugli sforzi che il marito fa per non addormentarsi e sulle virtù del macellaio, marito della domestica (p. 17). Le molte correzioni di C vengono trascritte nella variante di soggetto D del 25 novembre che, a sua volta, riporta manoscritte alcune integrazioni come la descrizione di momenti ridicoli del marito che appaiono «come in un piccolo film, una serie di folgoranti scene scandite dal dito accusatore di Silvana, nelle quali vediamo Carlo ridicolizzato, nelle sue azioni quotidiane, quando gira per casa in pigiama, quando si toglie i peli del naso con le pinzette, quando […] fa l’ipocrita al telefono con i suoi superiori» (p. 23) e una più dettagliata descrizione della scena del bagno prima di andare a dormire. Come per il soggetto precedente queste integrazioni a mano non vengono riportate nel soggetto E del 26 novembre. La stretta vicinanza cronologica delle due varianti permette di aprire a due ipotesi: la prima che siano due scritture parallele, entrambe indicate come ultima copia, sulle quali vengono segnate a mano modifiche diverse; la seconda che E, a differenza di come indicato dalle date, sia precedente a D, poiché in E troviamo alcune piccole correzioni (virgole, spaziature e qualche termine) manoscritte a matita, che in D sono invece dattiloscritte. Le aggiunte manoscritte in D (assenti in E) passeranno in scaletta e prenderanno poi forma nel film. Questo ci permette di considerare il soggetto D come più definitivo.
Passando in rassegna gli avanzamenti di scrittura dell’episodio Una sera come le altre, la scaletta è composta da 21 punti, nei quali ritroviamo le aggiunte manoscritte nel soggetto D (come le sequenze ridicolizzanti del marito); la protagonista da Silvana diventa però Giovanna e il racconto alterna una scena «nella realtà» a una «nell’immaginazione», ampliando alcuni momenti immaginari (ad esempio lo stadio pieno di uomini che contemplano la donna e i supereroi dei fumetti nelle braccia dei quali Giovanna si abbandona). Passando alle sceneggiature, dalla prima stesura scompare la sequenza del suicidio. La sceneggiatura A porta sulla prima pagina appunti a matita di Zavattini con un elenco di scene, e inizia con un più ampio dialogo a cena tra i due, che scompare però nella sceneggiatura B, più lunga e dettagliata. La sceneggiatura C integra dattiloscritte la maggior parte delle numerose correzioni e note manoscritte in B, mentre la variante D ripulisce abbreviando alcuni lunghi dialoghi o descrizioni, e lo stesso fanno le sceneggiature E, F e G, piene di correzioni con molte variazioni. La variante E, datata 8 dicembre, è di poco precedente; F e G (una copia) sono infatti datate entrambe 9 dicembre, le correzioni però non passano tra una variante e l’altra. La variante H, invece, indicata come «ultima» (p. 118) e datata 6 gennaio 1966, raccoglie le diverse aggiunte e correzioni presenti nelle varianti E e F, e l’introduzione che spiega i due piani (reale e immaginario) ora si trova separata in una pagina intitolata Nota introduttiva. L’episodio è indicato come il secondo del film (poi diventerà quello di chiusura) e il titolo recita: Una sera come un’altra (mentre nel film tornerà Una sera come le altre).
Pubblichiamo nel volume il soggetto D, integrando le note e aggiunte manoscritte. Pubblichiamo online il soggetto A.
Il 1° gennaio del 1965 Zavattini scrive una lettera a De Sica dicendosi soddisfatto della sua storia per l’ottanta per cento della stesura. Per velocizzare i tempi, sempre molto stretti, chiede che il soggetto venga approvato prima di mettere mano alla sceneggiatura, così da avere «le spalle sicure». Immaginiamo che l’argomento fosse delicato in quanto questa lettera, con molte correzioni autografe, viene scritta in almeno quattro versioni. Qualche mese dopo, il 22 aprile, i due discutono dell’operato, con critiche costruttive mosse a De Sica da Zavattini, che avrebbe preferito fossero state girate quante più scene possibili per decidere poi, in un secondo momento, quali punti meritavano «di essere aboliti o decurtati […] l’abbondanza, la ricchezza delle contrapposizioni, era ed è un elemento costitutivo del film, e siccome certe decisioni l’esperienza insegna che si possono prendere solo alla moviola, tu avresti dovuto, secondo me, cercare di immagazzinare più roba possibile; e nello stesso tempo prenderla con l’angolazione e col ritmo più stretti». Ricordiamo che l’alternanza di scene “reali” e scene “immaginarie” è alla base del soggetto mai realizzato scritto da Zavattini Firenze-Roma, del 1949 (con altri titoli, come Il settebello, Biancorossoverde, Una donna e molti uomini, il progetto proseguirà fino al 1973). Nel soggetto Firenze-Roma diversi uomini passeggeri di un treno sognano a occhi aperti scene d’amore e corteggiamento con un’inconsapevole viaggiatrice, interpretata da Sophia Loren (Zavattini 2022b, pp. 112-131). L’episodio conclusivo Le streghe «è in qualche misura assimilabile alla serie di ritratti femminili che sarebbero stati tracciati nel successivo Sette volte donna (1967)» (De Santi 2003, p. 154). Secondo De Santi, la scrittura di Zavattini oscilla «tra l’usura della realtà e le pulsioni del subconscio» della donna, la cui dimensione passionale si ribella all’ordinarietà degli eventi e cerca di emergere per dare vita e forma ai desideri della protagonista ed esternare le sue frustrazioni: «il dinamismo della sceneggiatura di Zavattini, coadiuvato da Fabio Carpi ed Enzo Muzii, risiede nell’impennarsi della apparente linearità psicologica ed esistenziale in salienze e gorghi di carattere surreale (o psicoanalitico)» (p. 155).
Numerose sono le recensioni a questo episodio, anche discordanti tra di loro. Da una parte, «l’operazione del film Le streghe» è ritenuta riuscita, «sebbene antologie come queste vengano spesso composte per dare rilievo alla spinosa e spesso viperina natura femminile. Questa volta, invece, c’è margine e conforto anche per le qualità positive delle figlie di Eva» (Marchi 1967, n.n.). Dall’altra, invece, si identifica nella scelta del film a episodi il modo più semplice «per fare del cinema […] con il beneficio di potersi assicurare nei titoli di testa, e quindi per la pubblicità, un bel numero di nomi famosi che accettano di partecipare all’impresa per il poco impegno e il relativo buon guadagno, utilizzando i tempi morti tra un film vero e proprio, e l’altro. […] Una sera come le altre è il terzo episodio di una certa consistenza, diretto da De Sica, ed è senz’altro il minore dei tre» (Ivaldi 1967, n.n.). Ricordiamo che nel film gli altri episodi (oltre a quelli diretti da Visconti e da De Sica) sono: Senso civico, regia di Mauro Bolognini, con Alberto Sordi; La Terra vista dalla Luna, regia di Pier Paolo Pasolini, con Totò, Ninetto Davoli e Laura Betti; La siciliana, regia di Franco Rossi. Altre recensioni apprezzano l’operato di De Sica, «alla portata di tutte le tasche», che utilizza una «tecnica smaliziata e figurativamente ineccepibile» (Pasca 1967, n.n.) per raccontare una donna moderna che indipendentemente dalla «sua posizione sociale e professionale, condiziona in vario modo l’esistenza dell’uomo» (Meccoli 1967, p. 59). Il film collettivo Le streghe viene riconosciuto come ritagliato sulla protagonista: «un film imperniato sulla Mangano e dedicato alla Mangano» (Tornabuoni 1966, p. 44), che nel capitolo firmato da Zavattini e De Sica interpreta il ruolo di una «casalinga, ordinata e ammodino» (Sambonet 1967, n.n.). Per Baldelli, più criticamente, il film appare come un’operazione dell’industria culturale «scarsamente riuscita», nonostante la motivazione di fondo di Zavattini fosse «la costruzione del mostro sacro destinato al consumo di massa», perché nel film questo si risolve «secondo un’angolatura piccolo-borghese in cui la regia aderisce sentimentalmente, senza distacco e fino in fondo, alla “malinconia” e allo “strazio” della protagonista» (Baldelli 1967, n.n.).
Rivedendo l’episodio filmico è importante sottolineare che la realizzazione è molto fedele alla stesura del soggetto. L’espediente tecnico utilizzato per distinguere le scene oniriche dalle situazioni presenti che il personaggio sta vivendo coincide con l’ambientazione scenografica: nel momento in cui la protagonista immagina qualcosa, le scene diventano molto luminose e dominate dal colore bianco, in una stanza che sembra non avere confini, e in cui la voce della Mangano è eccessivamente riverberata. Man mano che l’episodio prosegue, inoltre, la distinzione fra sogno e realtà tende a scemare: alle immagini del presente si accostano i pensieri della donna che fantastica sull’uomo (il quale non prende mai l’iniziativa) fino a quando, sul finale, lei sogna letteralmente a occhi aperti. Nel rappresentare le fantasie di Giovanna seguendo il soggetto, notiamo uno sforzo produttivo notevole, con il coinvolgimento di comparse, luci e scenografie. Le scene irreali sono fortemente distinguibili da quelle presenti e reali grazie anche all’opera di postproduzione che richiama il fumetto: nella «scena in cui l’uomo viene preso a pugni […] i vari colpi sono commentati da didascalie che s’imprimono sul fotogramma: “Sock! Vlang Crack Bang!”» (De Santi 2003, pp. 155-156). De Santi sostiene che questo gusto zavattiniano «delle “straparole”» surreale e futuristico avrebbe potuto «allungarsi verso una dimensione innovativa» del cinema, che però non avviene perché «in quel periodo De Sica non sembrava propenso a sperimentare novità» (p. 156). Il personaggio del marito Carlo, invece, acquisisce tratti anglofoni molto probabilmente per il coinvolgimento nel film di un inedito Clint Eastwood. Nell’appartamento dove avvengono gli scatti d’ira inventati troviamo tante altre situazioni immaginarie come un ricordo di lui più passionale nei primi anni di matrimonio, ma anche, come riportato a mano esclusivamente nel soggetto D, una serie di scene canzonatorie della vita quotidiana di Carlo, oltre che la fantasia di lui furioso nel venire a conoscenza delle centinaia di uomini coi quali lei lo avrebbe tradito. Tra le più importanti invarianti ci sono i momenti di immaginario tradimento e di desiderato omicidio dell’uomo, così come i riferimenti espliciti ai mondi dei fumetti.
AS/MDM